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Marcinelle, non confondete i clandestini con i minatori italiani: Schelin sbaglia ancora

Pietro Senaldi
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Anche la ricorrenza della tragedia di Marcinelle, dove l’8 agosto del 1956 persero la vita 136 minatori italiani, è stata usata come un’occasione per attaccare il governo. Solitamente il ritornello della sinistra in questa occasione è: anche i nostri nonni, e ancora prima i nonni dei nonni, sono stati emigranti, sfruttati e discriminati in tutto il mondo, dove cercavano di costruirsi una vita dignitosa, perciò oggi noi italiani dobbiamo accogliere chiunque arrivi con il barcone. È la solita ricostruzione alterata della realtà, con una rilettura della storia a uso e consumo di chi la fa. C’è una differenza fondamentale tra i nostri morti di Marcinelle, e la stragrande maggioranza dei migranti italiani nel mondo e i clandestini che varcano la frontiera seguendo la rotta balcanica o condotti via mare dagli scafisti. I minatori erano gente onesta nonché migranti e lavoratori in regola, chiamati dal Belgio che aveva bisogno di manodopera straniera da sfruttare. I clandestini tipo il nigeriano che sabato sera ha ucciso senza ragione la pensionata di Rovereto sono entrati illegalmente e illegalmente vivono solo perché non abbiamo la forza di rimandarli a casa loro. A differenza degli emigrati italiani del secolo scorso, non li ha chiamati nessuno, se non forse la Boldrini, che si ostina a definirli “risorse” anche quando delinquono, e i dem, che chiudendo gli occhi sui traffici di clandestini di fatto spalancano le porte del Paese a chiunque sia in cerca di fortuna.

 


LA MUSICA NON CAMBIA
Nuovo segretario, solita solfa. Il Pd non si è sottratto al funambolico collegamento tra i morti di Marcinelle e quelli nel Mediterraneo. Anche Elly Schlein non ha perso l’occasione per utilizzare la tragedia come «monito a favore dell’accoglienza contro i respingimenti». Non da meno è stata l’ex capogruppo, Debora Serracchiani, parlando dei minatori italiani che persero la vita nell’incendio del 1956 come di «una testimonianza perpetua delle vite sacrificate alla speranza di un futuro migliore». Inevitabile anche l’accenno al salario minimo, di cui Schlein parlerà venerdì con la Meloni, spiegando come «l’ingiustizia di retribuzioni basse e umilianti sia una realtà ancora attuale che dovrebbe indignare chi governa».

 

 

Insomma, malgrado l’istituzionalizzazione, nel 2001, dell’8 agosto come Giornata Nazionale del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo sia opera dell’ex ministro per gli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia, di An, la sinistra ha tentato di intestarsi la ricorrenza e allargarne il significato. Da una parte il premier Meloni ha esaltato il sacrificio dei nostri minatori come «figli di un’Italia a cui rendiamo omaggio, gente che ha lavorato duro, con umiltà e dedizione», e il vicepremier Tajani ha parlato di «eroi che hanno permesso di fare dell’Italia la seconda potenza economica della Ue», facendo sorvolare il cielo di Marcinelle da due Tornado dell’Aeronautica Militare. Dall’altra l’opposizione ha annunciato che si batterà per una commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro e sul salario minimo. Con la benedizione del presidente Mattarella che, passando dalla guerra in Ucraina al cambiamento climatico, fino all’insicurezza alimentare, si è speso per «mantenere salda la tutela dei lavoratori, di tutte le nazionalità, per prevenire marginalizzazioni». Anche nel giorno del ricordo, che dovrebbe essere una data ecumenica, maggioranza e opposizione parlano linguaggi diversi. 

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