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Immigrazione, Meloni smaschera Schlein sulla tratta degli esseri umani

Antonio Rapisarda
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La dimostrazione empirica che ai compagni di “Lagna Continua” (copyright Daniele Capezzone) iniziano a scarseggiare gli argomenti – che non siano la riproposizione in loop del solito disco rotto su accoglienza e diritti civili – l’ha fornita la segretaria del Pd: capace di lagnarsi, a proposito del discorso di chiusura di Atreju, persino su parole e concetti che Giorgia Meloni non ha mai pronunciato. A mettere le cose in chiaro – guarda caso su un’accusa legata al problema immigrazione – è stata proprio la premier: stupita dopo la lettura delle dichiarazioni di Elly Schlein «secondo cui, nel corso del mio intervento avrei “alzato la voce per aizzare la platea contro i migranti che salgono sui barconi”». Non c’è alcun bisogno di ricorrere al Var: non fosse altro perché l’Italia, in questo primo anno di governo della destra, ha continuato ad accogliere e soprattutto a salvare vite come sempre fatto.

LA BATTAGLIA

A Meloni allora (dopo le lezioni di bon ton politico ad Elly sul rispetto nei riguardi di chi ha avuto il coraggio, a differenza sua, di accettare l’invito al confronto), tocca smontare le intemerate dell’avversaria anche dal punto di vista filologico: «Non so quale discorso abbia ascoltato la leader del Pd – ha spiegato – ma credo sia abbastanza chiaro che parlare di lotta ai trafficanti di esseri umani, di difesa dei confini europei, di dare una risposta vera, strutturale e definitiva all’immigrazione clandestina, nulla abbia a che fare con “aizzare platee contro i migranti”».

È vero l’esatto l’opposto. Ossia che consentire «a migliaia di disperati di affidare le loro speranze a gente senza scrupoli, che mettono a rischio le loro vite» questo sì «che è essere contro i migranti. Noi – conclude la premier – continueremo a lavorare per mettere fine alla tratta di esseri umani e alle morti in mare». La risposta della segretaria dem è, ancora una volta, la riproposizione dei soliti cliché.
Solite accuse al decreto Cutro e alla fantomatica «guerra alle Ong» («Decreto inumano, che ha il solo scopo di rendere più difficile salvare le vite in mare»), a proposito dell’ultimo naufragio avvenuto a largo della Libia (in zona Sar libica, su cui altri tre Stati non sono intervenuti). Solita lagna contro il trattato con Albania: «Volete spedire la Guardia Costiera in Albania a scaricare persone sopravvissute ai naufragi come fossero dei pacchi, senza garantire adeguate tutele», ha tuonato Schlein a conferma dei pregiudizi piddini nei confronti di Edi Rama, che sarebbe pure un loro alleato socialista.

Solita domanda retorica, poi, sulle regole europee: «Dov’era prima Meloni?». Cioè quando Elly si batteva «per superare il regolamento Dublino che blocca i richiedenti asilo in Italia», salvo poi ammettere lei stessa che non è colpa esclusiva dei Paesi di Visegrad. C’entrano, eccome, Francia e Germania: «Purtroppoi governi europei sono sempre stati incapaci di trovare accordo sulla solidarietà interna e la redistribuzione – lamenta –, e l’hanno trovato sempre e solo sul tentare di spostare le frontiere europee un po’ più in là, con accordi cinici come quelli con Turchia e Libia». Attenzione: quest’ultimo porta la firma di un certo Marco Minniti: ai tempi ministro dell’Interno del Pd.

 

 

 

DUELLO CON CONTE

«Ma tutto questo Elly / non lo sa...». Certo che lo sa. Ma a quanto pare l’interesse, dalle parti di un Nazareno in allarme per la sfida lanciata a sinistra da Giuseppe Conte, è esclusivamente quello di scatenare la pancia del proprio elettorato: che non potrebbe certo reggere a una debacle della segretaria in un pubblico dibattito con la premier. A sottolinearlo è il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli: «Banalmente penso che la segretaria del Pd Elly Schlein preferisca attaccare Giorgia Meloni via social soltanto perché non è in grado di reggere il confronto. Le sue affermazioni sono infatti prive di supporto concreto, un disco rotto, una sequenza di slogan...». Intanto, sul fronte della lotta all’immigrazione clandestina, un nuovo segnale importante – sulla falsariga dell’intesa con Rama e Rishi Sunak – giunge nei confronti del “modello Meloni”.

Dopo la clamorosa apertura del Cancelliere socialista Olaf Scholz, anche l’opposizione moderata della Cdu ha scelto di accodarsi a ciò che intendono fare Italia e Gran Bretagna, proponendo un piano per il trasferimento dei richiedenti asilo in Paesi terzi: o nazioni africane, come il Ghana o il Ruanda, o comunque non Ue, come la Moldova o la Georgia. Ad annunciarlo il vicecapogruppo del partito moderato al Bundestag, Jens Spahn, certo che «se applicheremo il piano in modo coerente, molti migranti non inizieranno neanche il viaggio. Sarà loro chiaro che nel giro di 48 ore si ritroveranno in un Paese terzo sicuro» ma «fuori dall'Ue».

 

 

 

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