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Luca Casarini smascherato da Piantedosi: "Così la sua Ong ha ostacolato i soccorsi"

Tommaso Montesano
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Luca Casarini fece lo show a bordo della “Mare Jonio” fresca di fermo amministrativo e multa. Il consiglio direttivo della sua Ong, Mediterranea saving humans, diffuse una nota intitolata «Criminali contro l’umanità». Bersagli: i «miliziani» della «cosiddetta Guardia costiera libica» e, naturalmente, il governo italiano di Giorgia Meloni. I primi accusati di catturare e deportare «uomini, donne e bambini in Libia»; il secondo colpevole di lasciare mano libera «ai carcerieri libici» nei confronti dei migranti. Al centro dello scontro, l’operazione di salvataggio del 4 aprile scorso in acque internazionali, che secondo la Ong sarebbe stata interrotta dalle forze di sicurezza libica a colpi di arma da fuoco.

IL RUOLO DEL PD
Sulla vicenda, il Pd ha chiamato in causa il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Il gruppo dem del Senato ha presentato un’interrogazione firmata dal capogruppo, Francesco Boccia, e dal suo vice, Antonio Nicita, in cui sostanzialmente sposa la ricostruzione di Casarini: «La vicenda occorsa alla “Mare Jonio” è di inaudita gravità, giacché, nel corso di una delicata operazione di salvataggio, un’imbarcazione italiana Osc (one scene coordinator, ndr) e persone migranti sono state messe in condizioni di pericolo di vita a causa dei colpi di arma da fuoco provenienti dalla motovedetta libica».

In Aula, Nicita ha incalzato Piantedosi: «Come è stato possibile che si siano sparati dei colpi contro una nave italiana e come è stato possibile che, rispetto a fatti così gravi, avvenuti in un contesto di soccorso di persone, alla fine, dopo qualche ora, sia stata proprio la vittima di quest’azione, cioè l’equipaggio della nave “Mare Jonio”, ad essere invece oggetto di fermo?». Sollecitato, il titolare del Viminale ha smentito la ricostruzione del Pd e della Ong.

 

 

 

Punto primo: «Un gommone di appoggio della nave privata “Mare Jonio” si era avvicinato alla motovedetta libica “Fezzan” in un momento successivo a quello in cui quest’ultima, la Fezzan, aveva già assolto agli obblighi di salvataggio in mare». E dunque non prima, come invece dichiarato da Casarini. Ma l’aspetto più grave a carico della Ong, quello che ha fatto scattare le sanzioni amministrative per violazione della normativa vigente- nella fattispecie il “decreto Piantedosi” numero 1 del 2023 - è un altro. Ovvero il fatto che «le persone presenti sul gommone», evidentemente equipaggio della “Mare Jonio”, «incitavano i migranti a lanciarsi in mare per interrompere le operazioni di salvataggio in atto da parte dell’unità libica». In questo modo, ha accusato Piantedosi, l’Ong ha messo a «repentaglio l’incolumità» dei migranti, al punto che molti di loro «si sono gettati in acqua per essere poi nuovamente soccorsi in parte dalla motovedetta libica, in parte dal predetto gommone che li ha poi trasbordati sulla “Mare Jonio”». È in questo contesto, ha ricostruito Piantedosi, «che risulterebbe che siano stati esplosi effettivamente alcuni colpi di avvertimento in aria, affinché le predette imbarcazioni private si allontanassero».

 

 

 

BATTAGLIA LEGALE
Un comportamento, ha tirato le somme il ministro dell’Interno, che dimostra come la “Mare Jonio” si sia diretta verso la zona delle operazioni - peraltro «in acque internazionali, non sotto la giurisdizione italiana»- senza essere incaricata «dalle autorità competenti ad effettuare l’operazione di soccorso». Per tutta risposta Mediterranea, attraverso il suo team legale, ha presentato un ricorso urgente al tribunale civile di Ragusa contro la sanzione da 10mila euro e il fermo amministrativo della “Mare Jonio”: «Denunciamo la falsa ricostruzione dei fatti». In arrivo anche un esposto penale contro il governo libico.

 

 

 

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