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Maceo Carloni, il sindacalista trucidato dai partigiani rossi

"Vide gli alunni, tutti bambini, che infreddoliti aspettavano di entrare a scuola. Il preside trovava normale che gli allievi stessero al freddo; mio nonno no: afferrò il dirigente scolastico per il cravattino e lo convinse a far andare tutti in classe". Il sindacalismo Maceo Carloni lo aveva nel sangue. E lo dimostrava tanto tra i reparto dell'Acciaieria di Terni, dove si prodigava per operai, donne, disabili ed ex detenuti, quanto nella vita di tutti i giorni. Mazziniano di formazione, vide negli aspetti più rivoluzionari del sindacalismo fascista uno strumento per migliorare la condizione dei lavoratori. Anni in fabbrica e la non adesione alla RSI nel 1943 non lo salvarono comunque dalla morte violenta per mano comunista: il 4 maggio 1944, infatti, elementi della brigata Gramsci di Terni lo seviziano e uccidono di fronte ai familiari. Poi sessant'anni di oblio, menzogne e ingiustizia. Di questa storia ci eravamo occupati un anno fa, in occasione dell'uscita di Fascismo d'acciaio di Stefano Fabei (Ed. Mursia 2013); oggi a parlare è il nipote di Fabrizio Carloni, apprezzato storico militare e giornalista de Il Roma. di Marco Petrelli twitter @marco_petrelli

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