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La Pa non paga i fornitori: debiti per 55 miliardi. E così il Pnrr è a rischio

Avete presente i sostegni varati dal governo per aiutare le imprese a superare l’impatto della guerra su energia e materie prime? Ebbene, molte aziende saranno costrette ad usare quei soldi per tappare i buchi provocati dal mancato pagamento dei beni o servizi forniti alla pubblica amministrazione. I soldi che mancano nei libri contabili dei fornitori della Pa infatti ammontano a ben 55 miliardi. La cifra, messa nero su bianco dall’Eurostat, è stata rivelata qualche giorno fa dalla Cgia di Mestre che, banalmente, si è chiesta: ma perché non introdurre una compensazione automatica tra crediti commerciali e debiti fiscali? Troppo facile. Da Mario Monti in poi il tentativo di eliminare lo stock di arretrati verso i fornitori è stato affidato ad un complicatissimo sistema di controllo delle fatturazioni che passa per la Piattaforma dei crediti commerciali a cui tutte le amministrazioni devono comunicare periodicamente i pagamenti e l’importo del debito residuo. Risultato: nel gennaio del 2020 la Corte di Giustizia Ue ha condannato l’Italia per violazione della direttiva sui tempi di pagamento e nel 2021 Bruxelles ha inviato al governo Draghi una lettera di messa in mora. Nel frattempo, la montagna di debiti continua a salire dai 45,2 miliardi del 2017 ai 53,3 del 2020 fino al record di 55,6 dell’anno scorso. Si tratta del 3,1% del Pil, un livello che non viene raggiunto da nessun altro Paese in Europa, dove raramente si supera il 2% e si scende spesso molto al di sotto. La beffa è che lo smaltimento degli arretrati campeggia anche tra le riforme abilitanti del Pnrr. Quelle al cui conseguimento, al pari degli investimenti, è subordinata l’assegnazione delle risorse. Insomma, togliere alle imprese 55 miliardi rischia pure di farcene perdere altri 200.

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