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Francia, i 100 giorni di Macron: perché in autunno può venire giù tutto

Giulio Bucchi
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Finita la luna di miele, ora arriva il bello, anzi il brutto. I primi 100 giorni di Emmanuel Macron all'Eliseo sono trascorsi e portano con loro un senso di amarezza e disillusione dopo la "sbornia di maggio". Quel senso di stupore e gioia che aveva fatto capitolare i progressisti e i sinistri di mezza Europa, affascinati dal nuovo presidente della Francia in grado di sconfiggere i brutti e cattivi della destra populista. Macron "europeista", l'uomo "che abbatte i muri". Tutte balle: il leader di En Marche è semplicemente uomo di centro, spregiudicato, cinico. E pienamente francese, nel senso di nazionalista. Prima la Francia, si potrebbe dire, o Francia di nuovo grande, per usare lo slogan di Donald Trump con cui il presidente ha intessuto un sorprendente legame diplomatico. A-ideologico, tutto a uso e consumo del ruolo di Parigi nel mondo: centrale in Nord Africa, con l'intervento a gamba tesa in Libia che ha messo in difficoltà l'Italia, centrale in Siria e, spera lui, anche a Est, dall'Ucraina alla Corea del Nord, in un asse con Washington e contro Putin. E contro Berlino e Angela Merkel, che con Trump è molto più fredda.  Tutto bene, dunque? No, perché come ricorda Repubblica tutti i sondaggi interni danno il gradimento di Macron in picchiata. Non tanto per l'autoritarismo quanto per le promesse mancate. L'economia arranca, la ripresa non c'è, gli agricoltori sono sul piede di guerra e in autunno potrebbe arrivare il D-Day. L'appuntamento chiave sarà la riforma del mercato del lavoro, sorta di Jobs Act transalpino, e anche lì si aspettano barricate. I sindacati promettono opposizione durissima, che si sommerà alle difficoltà oggettive del governo, costretto a ridurre la spesa pubblica (cioè il welfare) per riportare il deficit pubblico sotto il 3%. Vuoi vedere che l'austerità farà fuori un altro "amico dell'Europa"?

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