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Ecco come lo Stato vi estorce denaro: le prime lettere

Nicoletta Orlandi Posti
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"Apriamo le pagine di Libero a chi vorrà segnalarci la sua storia, raccontando i soprusi di cui si sente vittima", ha scritto il direttore Maurizio Belpietro. "Forse, denunciare l'aggressione di uno Stato che manda i suoi uomini a fare i gabellieri così come facevano nel passato i castellani del Medioevo contribuirà a farci sentire un po' meno sudditi". Di seguito alcune delle lettere già arrivate. Raccontateci la vostra storia scrivendo a [email protected]. Quelle norme introdotte ad hoc Egregio Direttore, sono un abbonato, da anni, a Libero e faccio il commercialista (specializzato in diritto tributario) da oltre trent'anni a Lecco. Ciò che dice l'anonimo finanziere è vero e questo identico discorso lo può estendere, pari pari, all'operato dell'Agenzia delle Entrate. Bisogna, inoltre, aggiungere che il potere accertativo di cui dispongono e che può comportare la distruzione economica di aziende e di persone è abnorme ed illimitato ed è stato ulteriormente aggravato da norme introdotte ad hoc da loro e per loro (anche dall'ex ministro Tremonti!), tipo: l'inversione dell'onere della prova, la riduzione delle soglie di punibilità penale o il “sequestro per equivalente finalizzato alla confisca” sui beni personali dell'imprenditore, che scatta quando il sospetto (dico il sospetto) di evasione supera i 50.000 euro, cioè ancora prima che siano emessi gli avvisi di accertamento. Con queste procedure espropriative, le banche, per prima cosa, chiudono i conti correnti agli imprenditori, condannandoli a morte economica certa. Felice Tavola Lecco Il ricatto fiscale Caro direttore, il suo articolo di fondo su Libero rispecchia le opinioni di tutti gli operatori del settore fiscale (commercialisti, avvocati, associazioni di categoria,ecc.) e sarebbe utile che la voce di questi tecnici fiscali potesse emergere per far capire che non esiste solo il problema dell'evasione, ma anche quello del ricatto fiscale all'ombra della presunta lotta contro chi non paga le imposte dovute. Con la pletora di norme spesso complicate e poco chiare può accadere che il contribuente commetta errori formali che non cambiano l'entità delle imposte dovute, quindi senza danno per l'erario. Se un errore formale viene fatto apparire come indice di intenzione di evadere ne può seguire un fantasioso accertamento, contro il quale ci si può opporre in tre gradi di giudizio. Ma, mentre gli uffici non sostengono spese per gli accertamenti, i contribuenti vessati debbono servirsi di un esperto che, nel terzo grado di giudizio (Cassazione) potrebbe costare non meno qualche migliaio di euro. Infine, cito una frase di un imprenditore colpito in sede di verifica solo per errori formali: «Se avessi immaginato che mi avreste spremuto così per errori formali, mi sarei premurato di evadere, accantonando in un apposito fondo le risorse per pagare quanto ingiustamente richiesto da voi». Mario Binazzi Zattoni e.mail Siamo onesti ma paghiamo Sono amministratore delegato nell'azienda di famiglia, fondata oltre 100 anni fa. Posso testimoniare che ogni parola del maresciallo della Finanza raccolta da Libero è assolutamente veritiera in ogni particolare che ho potuto vivere personalmente. I militari che fanno gli accertamenti sono spesso contriti per doversi comportare forzatamente in quella maniera così lucidamente descritta. Noi ci siamo comportati come descritto nell'articolo. I primi verbali li abbiamo contestati e regolarmente vinti dopo lunghissime trafile costate quasi come i verbali stessi. Ma a distanza di anni (anche oltre i dieci) c'è stato sempre un appiglio legale per non restituirci i soldi che lo Stato, per permetterci di difendere la nostra buona fede, iscriveva a ruolo e quindi pretendeva pagassimo immediatemente. Poi abbiamo capito anche noi come dovevamo fare e, pur essendo innocenti e come le altre volte sicuri di esserci comportati onestamente, abbiamo infine aderito al pagamento di un terzo del verbale (centinaia di migliaia di euro) Pur nella evidente vessazione, una vera "pacchia" in confronto alle estenuanti opposizioni legali! Vengono ogni due, massimo tre anni i militari, occupano uno o più uffici e rimangono mesi. Poiché hanno per legge un limite di giorni lavorativi per chiudere il verbale, vanno e vengono facendo lunghe pause, incuranti del fatto che i nostri coscienziosi impiegati hanno il doppio impegno di accontentare le esigenze della azienda e dei finanzieri. Paolo Fabbri e.mail Le stesse storie di 60 anni fa Caro Direttore, che «viviamo in uno stato di polizia fiscale» non è una novità. Da decenni la Guardia di Finanza (o almeno alcuni dei suoi membri) si comporta in modo a dir poco “scorretto”. Ho 76 anni ma ricordo bene quando ne 1955 vennero a fare una ispezione nella ditta in cui lavoravo. Stettero un mese negli uffici, facendoci rallentare ogni attività, perché i proprietari, in perfetto ordine sotto ogni aspetto fiscale, si rifiutarono di versare “l'obolo”. Nella ditta in cui lavorava mia sorella, non trovando nulla, la multarono per non aver messo la marca da bollo su 3 (dico 3) distinte di acquisto francobolli. Ad un mio amico, che vendeva articoli sportivi, prima ancora di iniziare il controllo chiesero 2 completi sportivi da sci in cambio di non procedere all'ispezione. E così via, in tutti questi anni ne ho sentite di tutti i colori. Non sarebbe ora di fare un bel repulisti anche nella Guardia di Finanza? Anna Lucia Volpi Milano

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