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Primo caso di ebola in Europa. E a Treviso arriva la lebbra

Matteo Legnani
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Sale il bilancio delle vittime dell'epidemia di Ebola. Gli ultimi dati dell'Organizzazione mondiale della sanità parlano di 932 morti nell'arco di pochi giorni e di 1.711 casi accertati nei quattro Paesi (finora) coinvolti nell'emergenza: Guinea, Liberia, Sierra Leone e Nigeria. Così se fuori dal continente africano di contagi ufficiali non se ne sono ancora registrati, l'allarmismo dilaga un po' ovunque. Specie negli Stati Uniti e in Arabia Saudita dove si stanno moltiplicando i ricoveri per casi sospetti. E nelle ultime ore anche l'Europa si è trovata a dover fare i conti con il virus. Il ministero della Difesa spagnolo ha infatti annunciato, ieri nel tardo pomeriggio, che un suo cittadino colpito da Ebola in Liberia sarebbe stato trasferito in patria a bordo di un aereo militare. Si tratta di Miguel Pajares, un missionario di 75 anni, che verrà condotto in un ospedale spagnolo attrezzato e pronto a ospitare questo genere di patologie. «La sicurezza è garantita», fanno sapere con fermezza da Madrid. In Italia la situazione sembra comunque sotto controllo. «Non solo non c'è stato nessun caso, ma ho sentito il centro di Lampedusa e mi dicono che, negli ultimi giorni, non si è verificato nessun accenno alla malattia, neanche lieve», ha affermato, sempre ieri, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin durante il question time a Montecitorio. Di fronte all'interrogazione promossa dalla Lega Nord il ministro ha risposto sostenendo che il nostro Paese non ha nulla da temere: «Noi abbiamo agito prima degli altri: abbiamo allertato porti, aeroporti, compagnie aeree e tutti gli interessati che da mesi fanno check e controlli specializzati». Anzi, ha aggiunto: «Dal 21 giugno abbiamo iniziato a fare controlli sanitari sui rifugiati direttamente in mare, e abbiamo predisposto i sistemi per una eventuale quarantena già sui barconi: la popolazione può stare tranquilla». Parole decise quelle di Lorenzin che arrivano proprio quando sul web sembra scatenarsi la paura collettivo. E proprio mentre arriva la notizia di un caso di lebbra a Treviso accertata - fa sapere il governatore Luca Zaia - su un bengalese di 37 anni, in Italia da 8. Da noi il panico si fa sentire soprattutto su internet. Non sono pochi i commenti allarmati che si leggono sui social forum della rete. «Dicono che dobbiamo stare tranquilli, ma allora perché i funzionari dell'operazione Mare Nostrum girano con le mascherine?», si chiede qualcuno. Nei giorni scoprsi d'altronde gli stessi sindacati di polizia avevano denunciato i rischi per gli agenti impegnati nelle operazioni di Mare Nostrum. Riguardo alle false notizie circolate su casi di Ebola a Lampedusa il ministro ha chiosato: «Siamo di fronte a procurato allarme». E nel resto del mondo? Otto persone si sono presentate in ospedale negli Usa negli ultimi giorni: per 7 di loro i test hanno confermato la negatività al virus, mentre per uomo di New York la garanzia dovrebbe arrivare oggi, anche se i medici fanno sapere di considerare «molto improbabile» che il paziente abbia contratto l'ebola. A Gedda, in Arabia Saudita, invece un cittadino del Regno è stato ricoverato con sintomi sospetti di ritorno da un viaggio in Sierra Leone: il ministero della Salute del Paese mediorientale ha confermato che l'uomo è morto per un arresto cardiaco. E tornava dalla Sierra Leone anche una donna di 72 anni che, domenica scorsa, invece, è deceduta all'aeroporto di Gatwick, a Londra. È svenuta e morta sul colpo: ad ogni modo i test condotti dall'East Surrey Hospital sul corpo dell'anziana hanno dato risultato negativo per l'Ebola. Non è un caso se sempre più compagnie aeree si rifiutano di viaggiare nelle zone interessate da questa pandemia: l'ultima è stata la British Airways che ha sospeso fino al 31 agosto tutti i voli con destinazione Liberia e Sierra Leone. La corsa alla cura, coinvolge tutti, italiani in testa. Un gruppo guidato dal professor Giorgio Palù della Società Europea di Virologia di Padova sta infatti studiando un farmaco che «appare in grado di inibire l'entrata del virus nelle cellule», come ha dichiarato lo stesso luminare. Specificando però che le sperimentazioni si volgono al Karolinska Institut di Stoccolma, perché Padova non possiede una struttura idonea. L'Università Emory di Atlanta (Usa) ha ricoverato due casi per poterli studiare meglio: entrambi i pazienti sono stati curati con un siero sperimentale, mai testato prima sull'uomo. Fortunatamente, sembra dare risultati positivi. di Claudia Osmetti

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