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Sardegna, il codardo che non ha salvato bimbo e papà

Un testimone racconta: "Ho chiesto aiuto a un operaio dell'Anas, ma si è rifiutato e mi ha minacciato"

Lucia Esposito
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Contro la furia di un nubifragio come quello abbattutosi in Sardegna è stolto andare alla ricerca di colpe e capri espiatori. Chissà quanti ora, di fronte ai loro morti, si staranno domandando: se avessi agito diversamente? Se avessi fatto questa cosa anziché quell'altra? Ma tutti, nella loro coscienza, troveranno un po' di pace sapendo che di fronte a questi disastri imponderabili, improvvisi, in cui mille sono le possibilità di sbagliare e una sola la cosa giusta da fare, l'errore deve essere seguito dal perdono, dalla comprensione. Ma non sempre. Non tutti erano con le spalle al muro, di fronte a scelte obbligate e perdenti. C'era chi, salvo, poteva fare qualcosa per chi stava sul punto di essere spazzato via, e non l'ha fatto. Lo raccontava ieri sulla Stampa il cronista Nicola Pinna, raccogliendo la testimonianza addolorata di Piero Mariano.  Mariano si trovava a Putzolu, frazione di Olbia, lunedì sera, quando si stava scatenando l'apocalisse. Aveva prestato soccorso a un'amica e al suo bambino di undici mesi e, accingendosi a mettersi al sicuro lontano da lì, passando con la macchina su un ponte, aveva udito grida d'aiuto. Venivano da via Canaglia, dove un canale d'acqua impetuosa si gonfiava di minuto in minuto. Mariano scende e accorre: scorge un uomo aggrappato a un palo, e che stringe a sé il figlio. L'uomo non ce la fa più, l'acqua sale rapidamente, da un momento all'altro lui e il figlio saranno travolti. Mariano lo riconosce, è Francesco Mazzoccu, un suo amico. Prova a afferrarlo, tirarlo via da lì, ma da solo non ce la fa. Corre alla ricerca di aiuti e s'imbatte nel padre di Mazzoccu, col quale torna al ponte ma l'acqua è salita tanto che non riescono a avvicinarsi. Mariano non si perde d'animo e di nuovo cerca soccorsi. La fortuna sembra assisterlo: intravede un'auto dell'Anas, la raggiunge, chiede all'operaio che è seduto al posto di guida di aiutarlo, c'è un uomo e il suo bambino che stanno per essere trascinati via dall'acqua. Ma riceve un rifiuto. Non crede alle sue orecchie, come si può negare aiuto? Insiste. E l'operaio: no. Cosa no? Scenda, venga a aiutarmi! L'operaio gli dice di andarsene, che non c'è più niente da fare, che là fuori è pericoloso, moriranno tutti se si azzardano a fare qualcosa. Potete immaginare lo stato d'animo di Mariano, a poche centinaia di metri il suo amico e il figlio piccolo aggrappati a un palo, lambiti dalla morte, e qui a scontrarsi con l'ostinata viltà di un uomo che non intende nemmeno scendere dalla sua auto, e non importa che sia un operaio dell'Anas, uno che dovrebbe prestare soccorso perché incaricato a farlo, no, in effetti qualunque uomo con un po' di orgoglio, di fibra, avrebbe subito aperto la portiera e sarebbe sceso. Invece l'operaio era inchiodato dal terrore. Non gliene importava niente di passare per vigliacco, gli eroi fanno una brutta fine, si sa. Se ne leggono tante di storie, quello che si butta in mare per salvare quell'altro che sta annegando, e ci restano secchi tutti e due.  Piero Mariano lascia perdere l'operaio e torna al ponte: Mazzoccu e il bambino adesso hanno proprio l'acqua alla gola, allora prova a tirarli via con una corda ma non ci riesce, e l'acqua sta trascinando via anche lui. «Pensavo al bambino e ripetevo a me stesso che non dovevo arrendermi», racconta, e senza più alternative torna alla macchina dell'Anas. Di nuovo tenta di convincere l'operaio a scendere. E adesso la vigliaccheria diventa frustrazione impotente, forse rabbiosa vergogna: «Se non te ne vai ti spacco la faccia!», si sente rispondere. Sono le parole che contribuiscono a segnare la condanna a morte di Mazzoccu e del figlioletto. Piero Mariano si allontana, scioccato, continua a cercare aiuto, lo trova in un ragazzo, accorre per l'ennesima volta sul ponte e fa arrivare anche un trattore, ma il canale è altissimo, è troppo tardi. Del suo amico e del bambino non c'è più traccia. Tutto è stato vano. «Li potevo salvare», si ripete anche oggi Piero. E non può accettare che il suo amico, di cui aveva provvidenzialmente sentito le grida proprio mentre se ne stava andando, sia morto anche per la vigliaccheria di quell'operaio dell'Anas. Così, mercoledì, ha presentato una denuncia ai carabinieri di Olbia. Lui e la sua amica, testimone di quei terribili momenti. «Se quell'operaio fosse sceso dall'auto il bilancio di questa tragedia sarebbe stato meno drammatico. Non può passarla liscia, spero che i carabinieri lo trovino al più presto», dice con amarezza. Ma se anche lo trovassero, e lo punissero, non riporterà in vita Mazzoccu e il suo bambino. Ma forse un'altra volta, l'uomo imparerà la differenza cruciale tra stare chiusi in macchina e scendere, lì fuori, nel mondo in tempesta. Giordano Tedoldi

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