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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Tutti se la sono presa con Celentano per quello che ha detto martedì sera all'Ariston. Ma il problema non è il «Molleggiato». Che il «re degli ignoranti» - asceso al trono per autoproclamazione - dicesse sciocchezze in diretta tv era cosa da mettere in conto. Sono più di vent'anni che l'ex ragazzo della via Gluck usa il video per fare noiosi sermoni.  Ricordo l'edizione del 1987 di Fantastico, varietà in prima serata su Raiuno, in cui alla vigilia del referendum si mise a parlare di nucleare, scrivendo sulla lavagna che la caccia è contro l'amore. Un anno dopo, ospite a Serata d'onore, altro spettacolo di via Teulada, fece propaganda antiabortista. Nel 1992, in piena Tangentopoli, con Svalutation, invece se la prese con gli spettatori, rei di avere votato onorevoli ladri. «Non è la classe politica che va azzerata, siete voi che da casa mi state guardando che dovete essere azzerati. Voi siete la terra e i politici l'albero. Se la terra è arida anche l'albero cresce male. E voi siete aridi e avidi...». Un delirio di parole che la Rai ha messo in onda anno dopo anno, fingendo di scandalizzarsi ogni volta, ma godendo in segreto del boom di ascolti. Celentano è Celentano. Un furbacchione che ha avuto in dono la voce e ha saputo farla fruttare come pochi altri suoi colleghi. Non soltanto cantando, ma anche costruendo con cura il proprio personaggio. Quando gli spettatori dei suoi film e le vendite di dischi hanno cominciato a venire meno,  e dai milioni di copie si è passati alle centinaia di migliaia se non alle decine, il più furbo tra i nostri menestrelli si è inventato predicatore. I suoi monologhi non sono lezioni o proclami: sono sproloqui. Celentano non è un intellettuale né un maestro del pensiero. È uno che articola ragionamenti elementari ed elabora luoghi comuni, dando corpo alle paure della gente, passando disinvoltamente e confusamente da un argomento all'altro. Una volta vuole bombardare Milano per far scorrere il Naviglio nel centro e restituire al capoluogo lombardo le lavandaie che sciacquavano i panni sulle rive del canale. Un'altra mostra gli effetti dell'esplosione di un ordigno per criticare le centrali nucleari: «Attenti a votare sì, correreste il rischio di svegliarvi la mattina con una bomba atomica dentro la vostra cucina». Il suo problema è stupire, suscitare scandalo, far parlare. Perciò manda i filmati di una fucilazione in prima serata. Per questo mette in onda video con le violenze contro i bambini o gli animali. Oppure attacca la legge sui trapianti. In tutto ciò non c'è talento, c'è calcolo. Il Molleggiato usa la popolarità, conquistata accompagnando con le sue canzoni gli amori e la giovinezza di milioni di italiani, per monologhi da osteria.  Prediche in libertà sulla guerra, l'inquinamento, l'eutanasia, gli organismi geneticamente modificati. Discorsi che vorrebbero essere alti e impegnati, proponendo all'opinione pubblica riflessioni su temi etici e politici. Ma che fatti da un semianalfabeta finiscono per essere solo senza capo né coda, pieni di pregiudizi e frasi fatte. Dispiace vedere un grande della canzone ridursi così per qualche copia in più. Certo, alla fine l'ex ragazzo della via Gluck vende i suoi dischi e incassa i suoi 700 mila euro di cachet, ma a prezzo del ridicolo. Come dicevamo, la colpa non è però sua. Celentano è così da anni e da lui non c'era da attendersi nient'altro che quello che ha fatto. Il problema è di chi glielo ha lasciato fare per poi dirsi stupefatta e indignata, fingendo di commissariarlo. Tutta una sceneggiata. Se avessero voluto imbavagliarlo sarebbe bastato non invitarlo, oppure fargli firmare un contratto con clausole definitive.  La presa per i fondelli della «censura» a posteriori invece serve solo a finire sulle prime pagine dei giornali, a far discutere e ad alimentare nuove polemiche, così da incrementare ancor più lo share. Adriano ha solo messo in scena Adriano. Ma se ha potuto farlo è perché qualcuno gli ha dato il megafono. Da anni la Rai è venuta meno al suo ruolo di servizio pubblico per inseguire l'Auditel. Non importa cosa vada in onda, è sufficiente che ciò che passa in video susciti scandalo. Dai famosi che si rotolano nel fango su un'isola in Honduras al turpiloquio di Luca e Paolo in fascia protetta. La tv di Stato è ormai questo: un mezzo potentissimo che ha confuso il servizio pubblico con il successo di pubblico. E per ottenerlo è disposta a qualsiasi cosa. Il peggio dunque non è lui, ma Lei. La Rai e la sua direzione. Altro che mandare il vicedirettore generale a commissariare il Molleggiato. Qui urge commissariare la Rai.  di Maurizio Belpietro [email protected]

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