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“Dio ci chiede di sbarcare”, dice Papa Francesco. Ma sul Catechismo c'è scritto tutt'altro

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Il problema immigrazione torna alla ribalta in una nuova, preoccupante versione: il contagio.

In molti si chiedono come mai i cittadini italiani vengano sottoposti a stretta sorveglianza, addirittura sorvegliati con droni e app, mentre decine di immigrati infetti vengono fatti sbarcare in Italia senza la minima precauzione e poi, “saggiamente” disseminati qui è là sul territorio nazionale, pur sapendo che molto facilmente, come riporta la cronaca, si daranno alla macchia. Il rischio è che, dopo tanti sforzi, massacranti per l’economia, questi possano diffondere nuovamente il virus.

Ma ciò di cui vogliamo parlare è l’inspiegabile lontananza che esiste tra ciò che scrive il Catechismo in materia di immigrazione e ciò che Bergoglio ripete instancabilmente circa il “nuovo dogma dell’accoglienza”.  Dopo aver inserito una nuova litania sulla Madonna, Maria solacium migrantium, sollievo dei migranti”,

qui l’approfondimento 

tre settimane fa, Francesco affermava: “E’ Dio che ci chiede di poter sbarcare”.

Siamo sicuri? No, perché ecco cosa c’è scritto all’art. 2241 del Catechismo della Chiesa, fino a prova contraria il “libretto di istruzioni” della fede cattolica:

“Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, NELLA MISURA DEL POSSIBILE, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono.

Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono SUBORDINARE l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al RISPETTO DEI DOVERI DEI MIGRANTI nei confronti del paese che li accoglie. L’IMMIGRATO E’ TENUTO A RISPETTARE CON RICONOSCENZA IL PATRIMONIO MATERIALE E SPIRITUALE DEL PAESE CHE LO OSPITA, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri”.

Per verificare qui

Emergono diverse condizioni sull'accoglienza – e molto precise fra l’altro -  già in questo documento scritto nel 1992, in un periodo in cui l’immigrazione non aveva ancora nemmeno raggiunto i livelli parossistici di oggi. Strano.

Il testo dice quindi che i migranti devono essere accolti “nella misura del possibile”, solo in condizioni di emergenza per la loro sopravvivenza. E qui, simbolo monumentale del migrante economico proveniente da paesi sicuri, siamo arrivati ai tunisini che sbarcano coi barboncini e i trolley.

Inoltre, le autorità politiche hanno tutto il diritto, secondo il Catechismo, di sospendere il diritto di immigrazione se i migranti non si comportano bene. (Strano che Salvini, al posto del rosario, non abbia brandito il ponderoso volume per giustificare le sue scelte da ministro).

Il problema è che lo stesso Capo della Polizia Gabrielli ha dichiarato, nel 2019, che un terzo dei reati è commesso da stranieri. (Crediamo non si riferisse ai turisti giapponesi, ma più probabilmente ai migranti). Siccome gli stessi sono il 12% della popolazione residente in Italia, stando a Gabrielli, uno straniero è mediamente e statisticamente 3,5 volte più “pericoloso” di un italiano. (I tassi di reato pro-capite infatti sono rispettivamente di 0,76 per un italiano e di 2,664 per uno straniero residente in Italia). Non si discute.

Quindi non si capisce su quali basi teologico-dottrinali Bergoglio poggi le sue posizioni sull’immigrazione, anche a fronte dei nuovi e più gravi rischi per la salute pubblica.

I suoi avversari individuano, piuttosto, una precisa strategia a favore del Nuovo Ordine Mondiale, un disegno tradizionalmente ritenuto di matrice massonica che prevederebbe il superamento del concetto di nazione sovrana: tutte le frontiere dovranno dissolversi per la libera circolazione delle merci e delle genti. Qualsiasi entità politica che rimandi al concetto di nazione deve essere ostracizzata e assimilata al Nazifascismo.  

Qui l’approfondimento

Bergoglio ha spesso citato, in difesa delle sue posizioni sull’immigrazione, la parabola del Buon samaritano che aiutò un giudeo ferito anche se non era un suo compatriota, ma apparteneva a una etnia considerata quasi nemica in Samaria.

A parte il fatto che il buon samaritano pagò di tasca propria l’albergo al giudeo ferito, senza imporlo in casa ai propri familiari e poi rispedendolo per conto suo, qui si devono fare i conti con un Catechismo che invece ha già messo specificatamente a fuoco la questione immigrazione, anche basandosi sulla dottrina dell’”ordo amoris”, ovvero sull’ordine con cui il cristiano deve amare il suo prossimo. (Se si deve amare tutti nella preghiera e nelle intenzioni, nella attività materiale questo non può avvenire nella stessa misura perché le risorse (tempo, denaro, spazio) sono limitate. E così occorre seguire una gerarchia di priorità).

Quindi la posizione di Bergoglio appare in aperta antitesi con quanto scritto sul Catechismo.  Qualcuno ci spiegherà perché? Temiamo di no.

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