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"Ratzinger è il vero Papa": i giuristi Sànchez e Acosta smontano la difesa dei pro-Bergoglio

Una sintesi a portata di tutti, anche dei non addetti ai lavori

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Il Diritto canonico spaventa tutti, ma state tranquilli: a parte qualche passaggio un po’ più “tecnico”, abbiamo organizzato sintesi e riepiloghi  semplicissimi, alla portata di chiunque.

Vale la pena di leggere con un po’ di  attenzione: la questione riguarda un miliardo e 285 milioni di cattolici ed è di una gravità incommensurabile, perché se papa Benedetto non ha abdicato validamente, Francesco è un antipapa:  se non si risolve la “Magna quaestio” sulla rinuncia, dopo di lui, nella sua linea successoria, saranno tutti antipapi e la Chiesa cattolica non sarà più quella visibile, canonica, che conosciamo. Dopo aver indagato gli aspetti indiziari della vicenda, siamo stati costretti dalla logica, per esclusione, ad addivenire alla tesi del cosiddetto "Piano B", secondo la quale, papa Benedetto non ha mai abdicato avendo organizzato una rinuncia appositamente invalida per poter annullare una “falsa chiesa” modernista dandole modo di svelarsi nel tempo. Troverete tutto QUI  ,  QUI   e QUI . Visto che l’ipotesi è estremamente plausibile a livello indiziario, l’ultimo confronto, la “battaglia finale”, si svolge sul Diritto canonico.

Il prof. Antonio Sànchez Sàez, ordinario di Diritto presso l’Università di Siviglia QUI   e l’avvocatessa colombiana Estefania Acosta, già autrice del libro “Benedict XVI: Pope emeritus?”, in questo articolo travolgono le ultime difese di due famosi canonisti legittimisti di Bergoglio, utilizzando le loro stesse affermazioni. Parliamo di Mons. Giuseppe Sciacca (Segretario della Segnatura Apostolica e Revisore Generale della Camera Apostolica) e della Prof. Geraldina Boni dell’Università di Bologna, due “big”, dietro i cui studi si trincerano tutti coloro che sostengono la legittimità di Francesco come pontefice.

Come ben sapete, il nodo del contendere deriva dal fatto che l’ufficio papale, nel 1983, sotto papa Wojtyla, (con il card. Ratzinger già suo “braccio destro”), venne individuato in due enti: il munus, il titolo divino di papa, e il ministerium, l’esercizio pratico del potere. Abbiamo fatto un’ipotesi su quel provvedimento: un “falso bersaglio” preparato da lungo tempo contro una prevedibile aggressione interna al papato QUI  .

Infatti, secondo il diritto canonico, (can. 332 § 2) il papa deve rinunciare al munus, affinché sia valida la sua abdicazione, e invece Benedetto XVI ha rinunciato al ministerium QUI   . Ma andiamo con ordine.

 

1) IL “PAPA EMERITO” NON ESISTE

“Ho letto – spiega il prof. Sànchez - un'intervista rilasciata ad Andrea Tornielli da Mons. Giuseppe Sciacca QUI .

Innanzitutto, lo stesso Monsignor Sciacca, ammette che l’istituto del “papa emerito” non esiste: «E’ un esercizio non individuato  mai definito in alcun documento dottrinale», e  ancora:  «(L’emeritato) non può essere riferito all’ufficio del Pontefice». Su questo sono tutti d’accordo, anche i canonisti Boni, Fantappié, Margiotta-Broglio, lo storico de Mattei e altri”.

 

2) IL “PAPATO ALLARGATO” NON ESISTE E IL PAPA PUO’ ESSERE SOLO UNO

“Ammette poi Mons. Sciacca – prosegue Sànchez - che non c’è nemmeno un “papato allargato” dove Benedetto XVI potrebbe mantenere il munus e Francesco il ministerium. Solo UNO può essere papa, mai due contemporaneamente: è vero ed è conforme al diritto canonico e alla tradizione. Non ci sono, quindi, due papi: uno attivo e l'altro passivo, non esiste un “papato allargato”, a due teste”.

Infatti, aggiungiamo noi, anche papa Benedetto XVI ripete da otto anni che IL PAPA È SOLO UNO (senza però mai spiegare quale dei due) come ammette il suo segretario, Mons. Gaenswein QUI    .

 

3) IL PAPA NON PUO’ SEPARARE MUNUS E MINISTERIUM

“Eppure – commenta Sànchez - la conclusione che il vescovo Sciacca ne trae è che il papa sia, quindi, soltanto Jorge Mario Bergoglio, eletto papa nel conclave del 13 marzo 2013.

Questo è un ERRORE drammatico: affinché un pontefice sia eletto validamente, il papa precedente deve essere MORTO o aver ABDICATO validamente. E Benedetto non ha abdicato ESATTAMENTE per quanto dichiarato da Mons. Sciacca a Tornielli, ovvero che (per il papa) il munus e il ministerium sono inseparabili: «Il fatto che il Codice di diritto canonico, al canone 332, parli di munus petrinum – scrive Mons. Sciacca - non può in alcun modo essere interpretato come una volontà del legislatore di introdurre, in materia di diritto divino, una distinzione tra munus e ministerium petrino. Distinzione che peraltro è impossibile».

 

4) BENEDETTO HA INVECE SEPARATO E DISTINTO MUNUS E MINISTERIUM

“Monsignor Sciacca ha ragione – prosegue Sànchez - quando dice che il papato non può essere diviso in munus e ministerium. Una sola persona può mantenere entrambi in una volta: il papa.

E allora, come è possibile che Ratzinger li abbia invece distinti e separati, rinunciando al ministerium e non al munus?

Pertanto, la rinuncia di Benedetto XVI a una presunta parte del papato (il ministerium) e non dell'intero ufficio papale (il munus) NON È VALIDA perché la "Declaratio" della rinuncia commette un errore sostanziale, in quanto influisce sulla condizione “sine qua non” anteriore all’elezione papale: la costituzione di sede vacante. Lo dice il canone 126: «L'atto posto per ignoranza o per errore, che verta intorno a ciò che ne costituisce la sostanza, o che ricada nella condizione sine qua non, è nullo».

IN SINTESI: la rinuncia era invalida a causa di un errore sostanziale (separazione munus/ministerium) che  non poteva produrre una sede vacante e quindi, di conseguenza, il conclave del 2013 non poteva avere luogo e pertanto l´elezione di Jorge Mario Bergoglio è nulla.

 

5) MUNUS E MINISTERIUM SAREBBERO, DUNQUE, SINONIMI?

L’unica “scappatoia” che resta è che questo uso disinvolto di munus e ministerium da parte di Benedetto risponda a una questione puramente linguistica. Ovvero, Ratzinger avrebbe citato questi due enti “per non ripetere la stessa parola”, per un vezzo letterario, nonostante la catastrofe giuridica che avrebbe comportato. Ricordiamo che lui stesso spiega nel libro-intervista “Ein Leben” (2020), che il suo testo fu scritto in due settimane e passò al vaglio della Segreteria di Stato affinché fossero corretti errori giuridici e formali, ma SOTTO IL SIGILLO DEL SEGRETO PONTIFICIO: leggete QUI .

Tuttavia, ammettiamo pure che munus e ministerium possano essere sinonimi e che quindi uno possa valere l’altro. Vediamo se è vero.

 

6) BONI SPIEGA CHE NON SONO SINONIMI IN SENSO GIURIDICO

“La prof. Geraldina Boni – spiega l’avvocatessa Estefania Acosta -  sostiene, infatti, nel suo libro “Sopra una rinuncia” (2015), che a volte munus e ministerium sono stati indicati come sinonimi, per esempio nell’esortazione “Pastor Gregis” di Giovanni Paolo II del 2003.

Tuttavia, ammette lei stessa, questa sinonimia si verifica SOLO IN SENSO NON-GIURIDICO, cioè quando la parola munus è intesa nel senso di "funzione", "compito", "servizio" o "attività", legata a una certa (indelebile) "qualificazione ontologica" determinata dal sacramento dell'Ordine. Invece, come ammette la stessa Boni (pp. 180-181), c'è un SECONDO SIGNIFICATO ATTRIBUIBILE ALLA PAROLA MUNUS, un significato non più ontologico o sacramentale ma piuttosto "GIURIDICO", equivalente a "carica" e "pressoché equipollente a officium", che risulta dal canone 145 del Codice di Diritto Canonico, che indica come ogni munus (o "carica") stabilmente istituito per uno scopo spirituale dalla legge divina o ecclesiastica sia anche un "ufficio ecclesiastico" - naturalmente, il munus petrino, essendo stato stabilmente istituito per uno scopo spirituale dalla legge divina (Mt 16,18-19 e Gv 21,15-17), è anche un ufficio ecclesiastico.

Stando così le cose, si vede che, anche per Boni, QUESTO SECONDO SIGNIFICATO DELLA PAROLA MUNUS ROMPE OGNI POSSIBILE SINONIMIA CON LA PAROLA MINISTERIUM. Finora, niente da obiettare al professore”.

 

7) DUNQUE, PERCHE’ BONI DIFENDE LA LEGITTIMITA’ DI BERGOGLIO? L’ERRORE FINALE

“L'errore (grossolano) di Boni – prosegue Acosta - sta nell'affermare gratuitamente ed erroneamente che Benedetto XVI ha rinunciato al MUNUS proprio nel secondo significato giuridico, mentre il testo della Declaratio non afferma mai una cosa del genere. Scrive infatti la Prof. Boni: «Insomma, alla luce di QUESTA DUPLICE ACCEZIONE DI MUNUS, Ratzinger, con la sua Declaratio, potrebbe avere voluto solo rammentare, e non già ben’inteso determinare, come, DEPONENDO IL MUNUS QUALE UFFICIO, egli non si spogliasse del munus sacramentale (quello non giuridico n.d.r.): ciò che d’altronde non sarebbe in alcun modo rientrato nella sua facoltà di disposizione, a riprova che quello del pontefice non è un potere assolutistico o totalitario , fluendo anzitutto entro gli argini delimitati dallo ius divinum».

E INVECE IL PAPA SI È PROPRIO ACCURATAMENTE ASTENUTO DAL RINUNCIARE AL MUNUS PETRINUM, rinunciando invece al MINISTERIUM: «…declaro me MINISTERIO Episcopi Romae … commisso renuntiare»!

[Inoltre, Boni suggerisce che con la Declaratio, Papa Benedetto ha voluto sottolineare che non si è staccato dal munus sacramentale (cioè episcopale, non giuridico), e aggiunge il fatto ovvio che questo munus è indisponibile e irrinunciabile, anche per il Papa. Tuttavia, notiamo che nell'udienza generale del 27 febbraio 2013, Sua Santità Benedetto XVI afferma che è stato proprio il 19 aprile 2005, accettando la sua elezione all'ufficio di Romano Pontefice, che si è impegnato "sempre e per sempre per il Signore". Come possiamo comprendere una tale frase del Papa, che suggerisce una indelebilità del pontificato, nonostante non costituisca un sacramento e quindi manchi di un carattere "ontologico" indelebile? Si noti che il Papa collega il suo impegno definitivo o "per sempre", non con la sua ordinazione episcopale (cioè, non con il suo munus sacramentale), ma con la sua assunzione del primato. Questa affermazione da sola demolisce l'affermazione di Boni che l'unica cosa che Benedetto XVI ha conservato "per sempre" dopo la Dichiarazione è il munus episcopale, non il munus petrino. Così, la frase in questione può essere compresa solo se si assume, come crediamo di aver dimostrato, che LA DECLARATIO NON CONTIENE ALTRO CHE UNA INESISTENTE O INVALIDA RINUNCIA AL MUNUS PETRINUM]”.

IN SINTESI: la prof. Boni ammette che munus e ministerium non sono affatto sinonimi in senso giuridico. Ammette che Ratzinger cita il munus in senso giuridico. Boni dice che Ratzinger ha rinunciato al munus giuridico, mantenendo il munus non giuridico, E NON E’ VERO perché egli ha rinunciato al ministerium.

 

8) RATZINGER NON HA MAI ABDICATO. RIEPILOGANDO:

proprio dagli studi di Scaccia e Boni, “legittimisti” di Bergoglio, abbiamo dunque che:

1)  non esistono due papi, né il “papato allargato”

2)  il papa è uno solo,

3)  il papa emerito non esiste,

4)  munus e ministerium non sono sinonimi in senso giuridico.

5)  Ratzinger ha usato munus in senso giuridico, senza mai aver rinunciato a questo

6) ha separato i due enti che però sono indivisibili nel caso del Papa,

7) ha rinunciato pure all’ente sbagliato, cioè il ministerium.

Come si è visto, papa Ratzinger, tutto quello che poteva fare, per rendere invalida una rinuncia, lo ha fatto, per giunta corredandolo di due gravi errori di latino nonostante sia un eccellente latinista, probabilmente per tenere desta l’attenzione sul documento QUI

“Si può anche aggiungere – commenta Sànchez – la  sottomissione  a condizione risolutoria temporale di un atto come la rinuncia che, di per sé, è di diritto divino”, ovvero la rinuncia differita da Ratzinger al 28 febbraio 2013 e mai confermata dopo le ore 20.00 di cui hanno parlato il teologo Carlo Maria Pace e il giurista Francesco Patruno QUI  e QUI che ancora una volta, secondo gli autori rende invalida la rinuncia.

Tutto questo, papa Ratzinger potrebbe averlo fatto in modo del tutto consapevole secondo il PIANO B od anche inconsapevolmente, per una serie di particolarissime e fortuitissime coincidenze e distrazioni (magari “guidate” dallo Spirito Santo?), ma cambia poco.

9) L’”ULTIMA TRINCEA” CANONICA: “L’UNIVERSALIS ECCLESIAE ADHAESIO”

L’ultima obiezione dei bergogliani riguarda la dottrina della cosiddetta "Universalis Ecclesiae Adhaesio” secondo la quale, visto che nessun cardinale che ha partecipato al conclave del 2013 protesta o solleva dubbi sull’elezione di Francesco, la si intende data per buona e quindi valida.

“Tale dottrina – spiega il prof. Sànchez - non è mai stata intesa a salvare, sanare o considerare soddisfatta la “CONDITIO SINE QUA NON" senza la quale un provvedimento non potrebbe mai essere avviato. Nel caso del papato, questa condizione è che LA SEDE SIA VACANTE, ovvero che il papa regnante sia morto o abbia validamente abdicato. L'Universalis Ecclesiae Adhaesio potrebbe sanare a posteriori un errore o una lacuna del provvedimento canonico dell'elezione del Papa, una volta cominciato, ma mai la condizione precedente per l'avvio di quel provvedimento”. Qui i dettagli:

 

10) IN SINTESI: ,

Acosta e Sànchez dicono che il conclave di cui parla la Universalis Ecclesiase Adhesio DOVEVA ESSERE UN CONCLAVE LEGITTIMO, cioè fatto a papa morto o abdicatario. Ma siccome Benedetto non ha abdicato, il conclave del 2013 non è mai esistito.

Il papa emerito è il solo PAPA esistente,  il papa è uno ed è solo Benedetto XVI. Ergo, FRANCESCO È UN ANTIPAPA.

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