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Massimo Giletti nella notte: il virus tra Moretti e Alberto Angela

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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È vero. Massimo Giletti, la cui grande professionalità televisiva è direttamente proporzionale al paraculismo, è una specie di Jekyll e Hyde dei palinsesti: alterna esempi di ottimo giornalismo a trash folgorante. Le prime volte, parlando di Coronavirus, temevo rispolverasse il fotografo... Ma, suvvia, creare - come hanno fatto alcuni- polemiche ad hoc sul mancato rispetto del distanziamento sociale nello Speciale Non è l' Arena su Roma (La7, domenica prime time), be' è un esempio di quanto la frustrazione dell' isolamento da Coronavirus possa provocare. Ed è proprio l' isolamento il tema dello speciale. Giletti, a corto di ospiti causa pandemia, rubacchiando un po' a Nanni Moretti un po' ad Alberto Angela, confeziona nella Roma silenziosa del contagio una serie di interviste a concittadini.

Di notte, avvolto dai tenui rumori di sottofondo della città- lo scroscio della fontana di Trevi, i motori delle pattuglie di servizio, l' eco dei propri passi perduti- il conduttore esce dal lazzaretto dello studio e concede un' ora d' aria a se stesso e agli ospiti. Dunque, davanti al Campidoglio incontra il sindaco Raggi che gli racconta: «Roma vuota è una città spettrale ma mi fa riflettere sugli italiani che rispettano le regole, meglio una città vuota che una famiglia vuota». Dinnanzi alla Fontana di Trevi scambia la Gerini per Anita Ekberg tra battute accorate: «Roma più me la maltrattano più la amo», «Si guadagnano come le monetine 2000 euro tutti i giorni.

Qui siamo oltre a Totò e Peppino» (ma la citazione di Totòtruffa '62 sulla fontana è sbagliata: nel film non c' era Peppino, ma Taranto). E, alla bocca del Colosseo, Giletti intreccia affettuosità col "gladiatore" Claudio Amendola dal Colosseo tatuato sul braccio; il quale Amendola sente la mancanza degli abbracci, snocciola due inevitabili critichelle ai sovranisti e esalta i connazionali italiani «Qui il duello era leale, oggi il nemico è invisibile, son fiero di come gli italiani affrontano la quarantena». Un programma onesto, un' idea poco costosa di trattare l' argomento Covid19 con la tecnica collaudata dell' intervista. Da cui trasuda un patriottismo che in condizioni normali sarebbe un po' indigesto; ma che, di 'sti tempi, si trasforma in respiro civile tra l' intervento di un infettivologo e l' altro. Criticare Giletti proprio oggi mi pare ingeneroso.

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