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Tra Doc e il Coronavirus, elogio di Scifoni il mattatore

L'attore e autore è quello che, di s'ti tempi, meglio descrive la condizione dei padri sfigati

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Giovanni Scifoni in videoconferenza con figlio sullo sfondo Foto: Giovanni Scifoni in videoconferenza con figlio sullo sfondo
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Non c’è nessuno in Italia, in questi giorni mediocri, che sia in grado di descrivere la condizione del padre di mezz’età con il sarcasmo aggraziato di Giovanni Scifoni.

Scifoni, classe ’76, è il bravissimo attore che viene dall’Accademia d’arte drammatica e dai fumetti, che fa capolino nelle serie tv più famose: oggi è il dottor Sandri nel magistrale e un po’ paraculo Doc-Nelle tue mani, ma è stato anche il vicequestore in Squadra Antimafia, l’erede omossessuale di Buzzanca in Mio figlio. E ha condotto, da cattolico dotato di ironia alla Chesterton (sono rari) Beati voi su Tv 2000; ed è stato inviato delle Iene e ha interpretati Shakespeare e Pirandello con la stessa disinvoltura con cui confeziona divertiti tutorial sulla vita dei santi. In più è autore di un corto formidabile, Poveri cristi, che fotografa la politica italiana in una partitella di calcetto. Non lo conosco personalmente. Ma giuro che, per la mezza dozzina di registri narrativi che è in grado di sfoderare, mi ricorda Vittorio Gassman. Ma è da quando seguo il suo profilo Facebook in cui posta esilaranti cortometraggi sulla sua vita familiare -ha moglie e tre figli confinati in un appartamento della periferia romana- che gli tributo la mia più completa solidarietà. Sta girando sul web un suo video in cui, sfruttando la quarantena “per riscoprire il ruolo di padre” si accorge ben presto di essere, in realtà un semplice turista a casa propria. I figli gli s’arrampicano addosso mentre lui tenta di lavorare in smartworking e non gli concedono lontanamente il beneficio del multitasking (“Papà non può fare due cose insieme, i compiti e mettere il sale nell’acqua delle pasta: chiediamo alla mamma”). E non può dedicarsi al bricolage perché la voce della moglie romba dal cielo: “Bambini, spiegate a papà che la mattina voi dovete studiare e lui deve fare delle telefonate di lavoro e che non che siccome siamo in quarantena allora siamo giustificati a vivere senza regole”. E non riesce a svuotare la lavastoviglie, entrare in Skype, buttare la spazzatura senza che consorte e prole non lo svuotino del proprio ruolo di “maschio procreatore smarrito”.  La visione di Scifoni assoggettato al “culto della Grande Madre” (cioè la moglie) in versione dea Kalì circondata dai figli devoti mi ha precipitato in un incubo personale. Vedendo lui ho visto me stesso in questi giorni di Covid, e ho ripensato alla Bibbia. Le pagine su Erode…

 

 

 

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