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La Mafia uccide solo d'estate (ma non gli ascolti)

La bella fiction di Pif

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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La Mafia uccide solo d'estate Foto: La Mafia uccide solo d'estate
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“Papà, cosa sono i mafiosi?”. Nella domanda del piccolo Salvo Giammaresi - che ha appena visto ammazzare al bar il commissario Boris Giuliano- al padre Lorenzo, un ufficiale d'anagrafe con profonde crisi di coscienza, sta il senso di La mafia uccide solo d'estate(Raiuno, mercoledì prime time). La serie, tratta dall'omonimo film di Pif – qui solo in veste di narratore- è una ventata d'aria fresca nel panorama cristallizzato delle fiction italiane. Come accadde con Romanzo criminale è uno dei rari casi in cui la serie quasi supera qualitativamente  il film da cui è tratta. La storia della famiglia Giammaresi che s'incrocia con quella della Palermo anni 70/80, inferno dei vivi e luogo insano in cui la politica s'impasta alla grande criminalità, ha un suo impatto emotivo. Emergono dalle sacche della trama personaggi veri: Vito Ciancimino che bestemmia in chiesa pur di ottenere i voti necessari alla conquista della città (supportato da un prete laido, l'ottimo Nino Frassica) e il figlio Massimo che qui appare come un cretinetti, Totò Buscetta primo pentito di Cosa Nostra servito e riverito tra le mura dell'Ucciardone, Salvo Lima. Personaggi che si mescolano ai piccoli eroi di fantasia: Lorenzo Giammaresi che vive l'ansia di abitare una casa concessagli dai mafiosi e che abbandonerà d'accordo con la moglie Pia; la moglie Pia, maestra che vive una sbandata sentimentale sul posto di lavoro; i due figli alle prese con cotte pre e post adolescenziali.   E a loro si affiancano sapidi comprimari: il fratello di Pia Massimino (inventato) che si mette a lavorare per i picciotti Salvo, imprenditori e uomini “d'onore” (veri) ; il ragazzino col padre in galera ma che finge di lavorare sulle navi (inventato) e il commissario Giuliano, appunto, che con tutta l'umana simpatia di un sbirro fa di tutto per farli incontrare (vero).  Tecnicamente, qui,  la narrazione si sviluppa su flashback ad incastro come in molte serie Usa, tipo Motive. I dialoghi evocano le atmosfere della commedia all'italiana e quelle, drammatiche, dei film di mafia ma senza che, per una volta,  i mafiosi vengano descritti come eroi. Palermo sullo sfondo è un colpo al cuore, specie lo scorcio dell'ultima puntata in cui Salvo porta la fidanzatina alla Chiesa dello Spasimo, di notte, danzando su una melodia impossibile. Attori assai bravi. La serie ha chiuso col 20,1% di share. Attendiamo la seconda…    

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