Cerca
Logo
Cerca
+

Revenge-2 come trasformare il Conte di Montecristo in Beautiful

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Vai al blog
Revenge Foto: Revenge
  • a
  • a
  • a

Mi hanno sotterrato definitivamente il Conte di Montecristo. Di solito non ripercorro, nel giro di poco tempo, i sentieri dei serial Usa. Ma, con doverosa penitenza, urlo al mondo i miei errori: Revenge, il serial Netflix, intrecciato sugli stilemi narrativi del romanzo di Dumas e partito come un apologo folgorante sulla vendetta è, in realtà, direbbe Fantozzi, una cagata pazzesca. O meglio, sarebbe stata un prodotto perfetto, se fosse finito dopo la prima stagione; in cui, in ogni puntata l'eroina Emily/Amanda Clarke per vendicare la morte del padre, aiutata da un nerd miliardario, fa fuori uno ad uno gli stronzi che le avevano distrutto la vita. E riesce a recuperare la sua umanità solo grazie a un vecchio moroso d'infanzia che non la riconosce, mentre il di lui cane le si struscia amorevolmente contro, un po' come Argo nell'Odissea. Invece, visto il successo, gli sceneggiatori si sono ostinati a partorire altre 3 stagioni e 89 episodi in cui la finezza della trama, la verosimiglianza dei personaggi -tutti fighetti, tutti residenti negli strepitosi Hamptons- e, soprattutto il senso del reale sono sfociati in un brutto mix tra Beautiful e una estenuata, copia dei film di Tarantino. Victoria Grayson la cattiva, viene uccisa ma poi si scopre che fingeva, ma intanto Emily finisce in carcere da dove evade; Emily si sposa con Daniel il quale si mette insieme alla sua assistente la quale diventa pure l'amante del di lui padre; si scopre un altro figlio illegittimo che si mette con Nolan (paraculissima e carsica la sottotraccia gay); muoiono qua e là, alla carlona, una ventina di personaggi, molti fratelli e sorelle sempre illegittimi, che pensavi saldamente ancorati alla trama; scoppiano almeno tre incendi dove i caratteri scespiriani scompaiono per poi riapparire qualche puntata dopo, misteriosamente; compare anche una killer professionista che pare uscita da Kill Bill e che somiglia in modo impressionante Courtney Love (anzi, mi pare sia proprio lei). Alla fine, riappare il padre, David Clarke, l'elemento di trama più spiazzante ma soprattutto più stupido, perché era il necessario pretesto di narrazione per giustificare l'enorme mole di fesserie concepita in questa cruenta soap. In più metteteci che mia moglie, rincasata la sera, si incolla e Revenge e non la fai uscire dal trance neppure evocando lo spettro di Porta a porta. Da qui il mio mio mea culpa più sentito….        

Dai blog