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Donald Trump, sondaggi sopra il 40% dopo il discorso sullo stato dell'Unione

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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“I sondaggi svoltano a favore del GOP, allentando le paure di un disastro alle elezioni di medio termine”, titola The Hill, sito vicino ai DEM. “ Il GOP vede ragioni per essere ottimista nelle elezioni del 2018”, titola il sito RCP, bipartisan, in un resoconto dal recente meeting dei dirigenti repubblicani in West Virginia. Con buona pace dei parlamentari Democratici, che avevano attaccato la legge di riforma delle tasse prima e immediatamente dopo il suo passaggio in Congresso alla vigilia di Natale bollandola come un regalo ai milionari e alle corporation e come un rialzo delle imposte per la povera gente e la classe media, quella descrizione di fantasia diligentemente riportata dai media anti Trump ha resistito solo qualche settimana. A ripristinare la verita' ci hanno pensato prima le notizie dei bonus e degli aumenti di paga annunciati da centinaia di aziende, e poi il discorso del presidente sullo Stato dell'Unione di fine gennaio, seguito da 46 milioni di americani. E l'operazione “verita'” non e' ancora finita, anzi e' appena cominciata. Nel mese di febbraio, infatti, le buste paga dei dipendenti stanno tenendo conto per la prima volta delle disposizioni diramate in gennaio dall'Agenzia delle Entrate ai datori di lavoro perche' rispettino nelle trattenute fiscali le nuove aliquote previste dalla riforma. La grandissima maggioranza degli stipendiati vedra' un beneficio subito, piccolo o grande che sia in rapporto al proprio livello retributivo e allo stato della sua famiglia, mentre il conteggio finale per il carico fiscale annuo relativo al 2018 sara' ovviamente concluso solo con la dichiarazione dei redditi da presentare nell'aprile del 2019, quando il contribuente terra' conto delle altre modifiche al regime tributario (esenzioni, detrazioni, crediti per figli etc). L'unico metro possibile per valutare il clima politico, per quanto imperfetto, sono pero' i sondaggi, che registrano quel cambio pro Trump citato dagli articoli di The Hill e di RCP (Real Clear Politics, famoso perche' riporta la media di tutti i sondaggi nazionali). Da un sondaggio della Monmouth University pubblicato il giorno successivo al discorso sullo Stato dell'Unione emerge che il rating di approvazione di Trump e' balzato di dodici punti in un mese ed e' ora al 44%. E mentre il sondaggio della stessa Universita' della “scheda generica” segnalava in dicembre un vantaggio di 15 punti a favore dei Democratici, ora il distacco si e' ridotto a due punti. Vuol dire che prima dell'approvazione del taglio delle tasse, e dello shutdown amministrativo di tre giorni che era stato causato, e poi rimangiato, dai senatori Democratici, gli americani favorevoli a votare un candidato Democratico “senza nome” erano il 15% in piu' degli americani favorevoli a votare un candidato Repubblicano “senza nome”. In poche settimane, il 13% degli americani ha insomma corretto la previsione di voto, raffreddando l'ottimismo dei liberal che erano gia' sicuri di tornare a controllare la Camera e il Senato fra nove mesi. Del resto, secondo un altro sondaggio - Reuters/Ipsos - i Repubblicani hanno un piano migliore per i posti di lavoro rispetto ai Democratici, con 10 punti di margine, 37,6% contro 27,8%. I commentatori, e gli storici, ricordano che le elezioni di medio termine per il rinnovo della Camera che cadono nel primo mandato di un presidente sono sempre sfavorevoli al vincitore della Casa Bianca di due anni prima. Obama per esempio perse ben 63 deputati nel 2010, e se Trump, e il GOP, non riescono a limitare il ribaltone a meno di 24 seggi repubblicani perduti, Nancy Pelosi tornera' Speaker e i deputati DEM avvieranno con ogni probabilita' le procedure per l'impeachment. La migliore strategia del presidente per non correre questo rischio e' di recuperare punti di stima tra chi non soffre della sindrome irreversibile anti Trump, e che pensa che se la Casa Bianca lavora per il bene del paese e' un successo di tutti. Questa parte di opinione pubblica costituisce il centro dell'elettorato, il 20% che fluttua attorno al 50% e rende un presidente molto popolare se supera il 50% del rating di approvazione, e assai impopolare se scende al 35%-40%. Questa era appunto la soglia di Donald nei mesi scorsi, ma ora sembra in miglioramento. Anche secondo la media dei sondaggi RCP (gli ultimi dieci ) e' salito ad oltre il 42%, dal 38% che era qualche mese fa. Se si conteggiano pero' solo gli ultimi sei sondaggi piu' vicini in ordine di tempo (Rasmussen 49%, Monmouth 44, Economist 44, Reutiers/Ipsos 41, Gallup 38, Fox News 45) si arriva al 43,5%, e questo dato forse cattura meglio il trend. Un controverso presidente come Trump, il piu' odiato di sempre dai media, anche piu' del “cowboy texano' George W.Bush, al traguardo del 50% di approvazione non arrivera' mai. Ma se riuscisse a varcare stabilmente almeno quota 45% sarebbe addirittura messo meglio di dov'era il giorno prima del voto nel novembre 2016. Allora la media RCP lo dava al 42,7%, contro il 45% pro Clinton (la corsa era a 4 contendenti, c'erano anche un libertario e una femminista). Come dire che, se scampa all'impeachment e migliora di un paio di punti, Trump si presentera' nel 2020 con le stesse chance che gli avevano dato i sondaggi del 2016. di Glauco Maggi

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