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Diego Abatantuono, il dramma dietro queste risate: "Il mio periodo più nero, avevo perso tutto"

Giulio Bucchi
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In pochi mesi Diego Abatantuono è passato da nuovo divo del cinema italiano a essere un attore sul lastrico. Erano gli inizi degli Anni 80, lui era diventato famosissimo come il Terrunciello, il milanese acquisito. Praticamente, il Re Mida delle pellicole di cassetta, lui cresciuto alla "scuola" del Derby, la culla del cabaret meneghino, a furia di serate, bevute e battute con gente come Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Massimo Boldi, Giorgio Faletti, e ancora Beppe Viola, Dario Fo, Giorgio Gaber. Tra 1980 e 1982 gira 17 film: "Troppi - ammette al Corriere della Sera -. Un manager serio, dopo il primo incasso da sette miliardi, m'avrebbe detto Stai fermo un anno. Invece, io fui spremuto, il terrunciello si esaurì e il mio manager fece sparire i soldi messi da parte per le tasse". "Non sapevo nulla di quel mondo - confessa amaro Abatantuono -. A venticinque anni, credevo di essere diventato ricco. L'ultima estate fu bellissima. Avevo affittato una villa in Sardegna, invitato gli amici. Arrivò Robert De Niro: stava a Roma su un set e aveva chiesto alla produzione un posto per le vacanze dove nessuno se lo filasse. Infatti, noi non parlavamo la lingua e stavamo sempre a cantare per conto nostro". Oggi, a 62 anni e con un Premio Oscar per Mediterraneo in tasca, quel momento buio può considerarlo la sua salvezza. "Per pagare i buffi, dovetti fare serate su serate. Mi faceva da road manager Maurizio Totti. Poi, io lui e Gabriele Salvatores fondammo la Colorado, che è diventata una società di produzione importante. Nel periodo nero, dicevo, ma tanto per dire: ci vorrebbe che mi chiamasse Pupi Avati". E così fu: "Feci Regalo di Natale e vinsi il Nastro D'Argento. Poi mi vollero Luigi Comencini, Giuseppe Bertolucci, Carlo Mazzacurati...". Ed è cominciata tutta un'altra storia. Unico rimpianto: "Un film mai fatto con Massimo Troisi: dovevamo essere due camerieri italiani in America presi in ostaggio con gli avventori del ristorante, ma Massimo morì prima".

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