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Morì sotto il palco della PausiniLa sua vita vale 2 mila euro

L'Inail non riconosce la morte sul lavoro dell'attrezzista: assegno alla famiglia di 1936,80 euro

Nicoletta Orlandi Posti
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Quanto vale la vita di un operaio? Meno di duemila euro. Anzi per la precisione 1936 e 80 centesimi. A tanto ammonta l'assegno che l'Inail ha fatto arrivare a casa della madre di Matteo Armellini, l'attrezzista morto nel crollo del palco del concerto di Laura Pausini il 5 marzo scorso a Reggio Calabria. Una miseria, liquidata con un'asettica e non esaustiva dicitura: "Pratica di infortunio o  malattia professionale". Nessun accenno alla morte dell'operaio, nè la spiegazione di quell'incidente che è gli costato la vita. Ecco allora la denuncia della madre, la signora Paola, che si sfoga sull'Unità. "Non voglio soldi", dice, "voglio la verità". Quello che ancora oggi non è stato chiarito è come sia possibile che sul luogo di lavoro, prima ancora di iniziare il turno, ti possa cadere in testa una struttra del genere. Ma non solo. Paola Armellini pretende che episodi del genere non accadano mai più, che si faccia chiarezza sul quel mondo di operai che lavorano dietro le quinte, che i sindacati si facciano carico di denunciare e impedire quella giungla di contratti intermittenti, di caporalato, di nero che c'è dietro un concerto. "Matteo ormai è solo un fascicolo che si sposta da un archivio all'altro", conclude amaraggiata la signora Armellini. "La mia volontà è che quello che gli è accaduto non succeda più". Matteo aveva 31 anni, era laureato, amava la politica e la filosofia: la sua vita vale meno di duemila euro.

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