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Vittorio Feltri e il mistero delle suore: "Non ho mai capito la loro scelta, i racconti su ciò che avviene dentro le mura sono scarsi"

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Vittorio Feltri
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Che fine hanno fatto i conventi di clausura? A quanto si dice, pare si siano ridotti in Italia e nel globo a poche unità, di conseguenze le suorine che vi dimoravano sono ormai poche centinaia. Non ho idea di cosa sia successo, quale sia il motivo che ha assottigliato il numero di queste strane religiose, le quali rinunciano a qualsiasi vita sociale per ritirarsi in un monastero talmente riservato che nessuno può accedervi. Mai alcuno è riuscito a varcare la soglia di queste badie e i racconti di ciò che avviene entro le mura segrete, a distanza di anni, sono scarsi nonché privi di ogni particolare. Si pensa soltanto che oggi, rispetto ad ieri, le "recluse" siano diminuite al punto da risultare ininfluenti nelle sfere della religione.

Vero che l'epoca della monaca di Monza è oramai lontana, eppure devo testimoniare che, quando ero un ragazzo abitante a Bergamo e passavo da via Arena, dove aveva sede un chiostro austero delle anacorete (perdonate la parola antiquata), respiravo un'aria di mistero assai suggestiva. Le pareti erano grigie, i portoni verdi e massicci, invalicabili. Talvolta udivo cori angelici che mi incantavano, mi soffermavo ad ascoltarli come rapito e la mia fantasia giovanile mi induceva ad immaginare che quelle donne isolate dal mondo avessero già intrapreso il percorso che conduce in paradiso. Mi trattenevo a lungo sul marciapiede, spiavo tra le grate, simili a quelle delle carceri, tendevo l'orecchio per carpire meglio certi gorgheggi, poi mi allontanavo pieno di curiosità insoddisfatte.

Riflettevo: ma chi glielo fa fare a queste femmine dal volto velato di privarsi di una esistenza normale, per esempio come quella dei preti, al fine di rinchiudersi in una abbadia al solo scopo di pregare dedicandosi esclusivamente al Signore che neppure si appalesa. Per me questo era un rovello e nel mio cervello mulinavano congetture stravaganti: chissà in base a quale ragionamento queste pie persone a un dato punto hanno deciso di andarsene da casa non per tentare la fortuna come ballerine o qualcosa del genere, bensì per consacrarsi da mane a sera nell'adorazione di un Dio, buono finché vuoi, ma che non dà segnali di una effettiva presenza né di occuparsi minimamente dei casi terreni? Non riuscivo a darmi una risposta e la mia inquietudine aumentava ogni volta che transitavo in via Arena, buia anche se c'era il sole, severa e al tempo stesso resa incantevole dalla presenza del convento enigmatico.

 

 

Ne parlai con mia sorella Mariella, tre anni più di me però già scafata, ed ella mi garantì che mi avrebbe introdotto nella anticamera del cenobio. Passò qualche dì e insieme ci recammo davanti all'uscio solenne delle claustrali. Pigiammo il campanello e di lì a un minuto si aprì una grata dalle inferiate fitte, da cui si intravedeva l'immagine oscurata, il profilo di una capinera. La quale ci chiese cortesemente che cosa desiderassimo. Mariella, molto più sfacciata di me, affermò che avrebbe gradito acquistare gli avanzi delle particole che le clarisse preparavano per la parrocchia. Breve attesa, e la suora mise sulla famosa ruota girevole una quantità ragguardevole di avanzi delle ostie. Spendemmo cinquanta lire. Ne mangiammo parecchi nonostante che fossero insapori. Erano comunque piacevoli poiché odoravano di sacro. Questo fu il mio impatto con quell'ambiente arcano e ricco di fascino.

Incuriosito, mi tuffai in biblioteca su alcuni libri che trattavano la questione della clausura, tuttavia la lettura non mi svelò nulla di appassionante. Appresi dettagli storici, ma l'aspetto psicologico che induceva le monache a fare la scelta di uscire dalla società non l'ho afferrato né lo ho mai capito. Ancora oggi sono colpito dal tipo di esistenza che queste spose di Cristo hanno deciso di condurre, ma non mi stupisce il fatto che ai giorni nostri esse non costituiscano più un esercito. Ovvio. La spiritualità è in picchiata paurosa e spinge pochi volontari a sacrificarsi.

Un'ultima osservazione. Una volta le nostre religiose per campare facevano lavoretti di fino per noi laici: erano provette rammendatrici e se avevi un buco in un golf o in una giacca te lo aggiustavano con sapiente manualità. I tuoi capi di abbigliamento rovinati ti venivano restituiti come nuovi, in cambio di pochi soldini. Le suore pure attualmente coltivano l'orto e si mantengono così. Però sono venuto a conoscenza che seguitano a cantare imitando gli angeli. Io non sono credente ma queste signore in grado di tirare avanti più serenamente di me, fuori dalla calca litigiosa, mi piacciono da morire. Vorrei incontrarne una e interrogarla, per sapere come mai è tanto diversa da me.

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