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Pd, le donne escluse si lamentano? La verità è che nessuna di loro è in grado di fare il ministro

Gianluca Veneziani
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Eh già, possiamo capirle, le donne piddine, rimaste orfane di ministeri, costrette per l'ennesima volta a guardare i maschietti prendersi il potere, mentre loro devono limitarsi a fare da spettatrici. Possiamo capirle soprattutto dopo le esternazioni di alcuni giorni fa di Nicola Zingaretti che assicurava di aver proposto a Mario Draghi le quote rosa durante il toto-ministri. «Abbiamo suggerito dei criteri per la squadra: qualità, pluralismo politico, differenza di genere», garantiva Zinga, prima di essere smentito dai fatti.

E possiamo capirle, le piddine, dal momento che il loro partito, a parole, è quello che più si prodiga per la parità di genere, per promuovere il neo-femminismo e porre il faro sulla presunta discriminazione delle donne nella società. Ritrovarsi escluse dal governo Draghi, vedere tre uomini dem, Franceschini, Orlando e Guerini, all'interno della squadra, e nessuna di loro nei posti di comando deve bruciare parecchio. A maggior ragione che gli altri partiti hanno saputo fare di meglio, Lega, Iv e M5S rispettivamente con un ministro donna, e Forza Italia con due, senza considerare il comparto-tecnici, dove il frangente rosa è rappresentato da tre ministri su sette. E allora è comprensibile la rabbia di una Laura Boldrini che definisce «errore grave» e «insopportabile» l'esclusione di donne Pd dal governo e giudica un contentino la promessa di Zingaretti di guadagnare loro qualche sottosegretariato; o l'insofferenza di una Debora Serracchiani che ricorda come «nessuno spazio verrà dato alle donne per gentile concessione», e di quell'altra parlamentare dem, Valeria Valente, che proclama «il potere nessuno ce lo cederà, se noi non ce lo prendiamo».

 

Sì, le capiamo, umanamente, e le compatiamo perfino, ma non condividiamo ciò che dicono per tre ragioni. La prima è che ostinarsi a portare avanti la campagna sulle quote rosa significa condannarsi all'autoghettizzazione: sarebbe ora di smetterla di valutare la bontà di una candidatura o di una nomina sulla base del genere e non del merito. Chi parla della necessità di un «correntone rosa» nel Pd non sta facendo altro che considerare le donne come una categoria protetta da tutelare perché svantaggiata.

Ridurle, insomma, a dei panda. La seconda ragione è di natura storica. Basti guardare alle vicende del Pd, prima Ds, Pds e Pci per accorgersene. Il Partito comunista e i suoi eredi sono stati partiti maschio-centrici per eccellenza: figlio di un modello tradizional-patriarcale di famiglia e società, incentrato sul concetto di prole (da cui l'idea del proletariato), il Pci sposò con fastidio la causa femminista, che deviava la lotta sociale sulla questione sessuale; quindi promosse alcune personalità femminili, come Nilde Iotti (che, lo ricordiamo, era pur sempre la compagna del Capo), senza però mai rendere contendibile la leadership a una donna. E così è stato anche al tempo del Pd: le primarie per la guida della segreteria non hanno mai visto una candidatura forte di un'esponente "rosa".

 

E qui veniamo al terzo punto, e cioè la mancata caratura delle figure che dovrebbero ambire al ruolo di ministri. Chi dovrebbe proporre il Pd per un governo delle Migliori? Una Marianna Madia, già artefice di una pessima riforma della Pubblica amministrazione poi bocciata dalla Consulta che ha lasciato invariate le lungaggini e inefficienze della burocrazia? Oppure una Valeria Fedeli, ex ministro della (D)istruzione dell'italiano, regina degli strafalcioni che incespicava sui congiuntivi e pronunciava frasi come «sempre più migliori»? O una Laura Boldrini, che ha creduto di portare avanti la causa delle donne, chiedendo di cambiare le desinenze e partorendo mostri linguistici come «sindaca», «assessora» e «ministra»?

O ancora una Serracchiani, ex astro nascente del Pd ormai tramontato, che si lascia ricordare per l'invio ai sindaci del Friuli Venezia Giulia di un dress code che pregava le donne di non indossare gonne sopra il ginocchio e di limitare l'uso di gioielli e profumi? O poteva sperare di essere ministro una Anna Ascani, celebre non solo per quell'hashtag con cui trasformò la Buona Scuola renziana in Buona Sòla, ma anche per essere stata complice, da viceministro, del disastro scolastico compiuto dalla Azzolina? Di fronte a loro, non giganteggiano certo personaggi come Guerini (ministro ignoto del Conte Bis), il Fazioso Orlando (con lui al Lavoro già gongolano i sindacati rossi) o Franceschini (il vero segretario del Pd, anche se Zingaretti non se n'è accorto). Però la concorrenza femminile non è che sia proprio di altissimo livello. Con queste figure qua, hai voglia ad aspettare che il Pd si trasformi nel Partito delle Donne.

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