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Pietro Senaldi contro Enrico Letta: "Voto ai sedicenni? Al Pd non basta uno sbarbato appena uscito da scuola"

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Enrico Letta è stato sette anni all'estero, ma rileggendo il suo discorso d'insediamento a segretario del Pd sembra andato via ieri. Ha detto quattro cose: vuole dare la cittadinanza agli immigrati che nascono qui, si batterà per far votare i sedicenni e immagina un fronte ampio della sinistra, che vada da Fratoianni a Renzi passando per i grillini. Il leader (?) dem ha anche tratto le conseguenze (inevitabili) della sua proposta: è disposto a perdere. Il (non) nuovo segretario del Pd dimostra che la sinistra è rimasta ferma all'Ulivo e agli slogan pre-Covid.

L'Italia è dilaniata da una crisi sanitaria ed economica epocale e Letta bada al marketing, strizza l'occhio a immigrati e minorenni; è mancata solo un'apertura alle adozioni gay e il quadro sarebbe stato completo. La strada vecchia che il segretario vuole imboccare non scioglie i quesiti di oggi: il Pd diventerà finalmente un partito moderno e progressista o resterà polveroso e post-comunista? L'epilogo più probabile è che resterà nel limbo. Il nipote di cotanto Gianni guarda a stranieri e giovani ma non sa chi sono. I primi infatti, forse perché conoscono il nostro Paese meno di chi è qui da generazioni e ne sono meno esasperati, risultano più sovranisti dell'italiano medio: l'immigrato integrato di seconda generazione vota Lega piuttosto che Pd. Non solo, nei Comuni con un alto numero di stranieri, il voto al Carroccio sale anche per reazione degli italiani storici. Discorso analogo per i minorenni: secondo un sondaggio Swg il 38% dei sedicenni sceglierebbe Lega e solo il 23% opterebbe per il Pd.

 

 

 

Non ci vuole un genio della comunicazione o uno psicologo dell'età evolutiva per comprendere che Salvini catturi l'immaginario di un adolescente più che Zingaretti, Letta o Di Maio. La balzana pensata del segretario dem è stata commentata a stretto giro di posta dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, il quale ha spiegato al professor Enrico, che si pregia di insegnare politica a Parigi, che per far votare i sedicenni bisogna renderli maggiorenni. Lezione di diritto che dimostra che, come sempre, quando c'è il Pd di mezzo, l'ideologia si scontra con la pratica e soccombe.

Ma a smontare la pensata basta un recente sondaggio di Pagnoncelli, secondo il quale solo il 27% dei giovani sotto i 25 anni sarebbe favorevole al voto ai sedicenni. Insomma, gli studenti si dimostrano più responsabili e con i piedi per terra del professor Enrico. Se gli adolescenti potessero votare infatti, allora dovrebbero pure potere sposarsi, partire per il militare, avere la patente, comprare alcolici, firmare contratti e finire in un carcere vero quando commettono reati. Una rivoluzione sociale dagli effetti insondabili della quale però il professor Letta non si pone neppure il problema. A lui basta che uno sbarbato possa, uscito da scuola, mettere la crocetta sul Pd, allora sì che il segretario si sentirebbe di condurre un partito giovane e giovanilista.

 

 

 

Non possiamo dare ai ragazzi un lavoro, una scuola decente che li formi, una possibilità di costruirsi un futuro anche se non sono nati nel velluto, i diritti e le opportunità che hanno i loro coetanei nel resto d'Europa? Nessun problema, la risposta del Pd è consentire loro di entrare in cabina elettorale. Suffragium et circenses, ecco la politica giovanile democratica, tutta panna montata e carezze che non portano mai a nulla. I giovani finiranno per essere presi in giro dal Pd così come sono state prese in giro le donne, blandite e illuse per poi poterle ignorare meglio.

Giorgia Meloni ha detto che i ragazzi andrebbero istruiti prima di farli votare. La leader di Fratelli d'Italia fa tenerezza. Le danno della fascista ma è la sola a credere che la democrazia non sia un mercato. Questa sinistra chiude le scuole e vuol far votare i sedicenni perché è consapevole che può essere votata solo da una generazione di ignoranti e da persone che non si sono ancora misurate con la vita adulta e la realtà del lavoro.

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