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Riaperture, Pietro Senaldi: "Abbiamo buttato otto mesi, condannati ancora al caos"

Pietro Senaldi
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Le scuole sono appena ripartite, anche le superiori, ma il governo è già stato bocciato. Al momento, elementari a parte, la presenza in classe è ridotta al 50%, ma a partire da lunedì prossimo è previsto il pienone, tutti sui banchi. Neanche a settembre scorso, quando i morti per Covid erano una quindicina nei giorni più neri ed eravamo convinti che con i banchi a rotelle sarebbe rotolato via ogni contagio, i ragazzi dei licei entravano in aula a ranghi completi. La presenza scolastica ridotta non servì a scongiurare la seconda ondata, tant'è che a fine ottobre gli studenti dai dodici anni in su furono tutti rispediti a casa e quando, dopo le vacanze di Natale, vennero riammessi in classe, partì subito il terzo giro di infezioni. A quel punto si scatenò il panico e il nuovo governo, appena insediato ma già nel caos, decise di sospendere per un mese le lezioni in presenza perfino alle elementari, esattamente a un anno di distanza dal provvedimento che mise tutti in didattica a distanza dall'oggi al domani.

 

 

Non vorremmo essere equivocati. Siamo d'accordo che si impara sui banchi e non sul divano e che, tenendo chiuse le classi, si allevano generazioni senza futuro. In linea teorica siamo felici del ritorno in aula dei ragazzi, solo non ci tranquillizza il modo. Sulla scuola i nostri politici sono peggio dei ripetenti, fanno le stesse cose dell'anno prima, ma come se si cimentassero per la prima volta, quindi senza aver fatto tesoro degli errori. Per la terza volta consecutiva si richiamano gli studenti sui banchi senza aver fatto alcunché per metterli in sicurezza. Proprio dalla scuola arriva per i giovani il più eclatante esempio di sciatteria, lassismo, incompetenza e indifferenza alla salute pubblica. I ragazzi sono stati reclusi per mesi, gli si è negato di vivere come Dio comanda la loro gioventù per preservare la salute dei più anziani ma nessuno si è preoccupato della loro.

 

 

I CONTAGI
Tra agosto e ottobre scorsi i contagi tra cittadini in età scolare sono aumentati di oltre il mille per cento nella decade tra i dieci e i diciannove anni, che ha registrato anche il maggior incremento in termini di valore assoluto. In questo mese è bastata una settimana in classe a metà perché le infezioni crescessero del 10% mentre la ripresa di gennaio-febbraio le aveva fatte salire del 100%. Malgrado i dati inequivocabili, le scuole riaprono il 26 aprile prossimo più del 15 settembre scorso. Per la verità, una cosa si era fatta per la ripresa in sicurezza: avevamo iniziato a vaccinare, come categoria con diritto di precedenza, sia gli insegnanti, perfino chi teneva corsi a distanza, sia il personale scolastico non docente.

 

 

Abbiamo immunizzato oltre un milione e centomila persone, sottraendo le fiale agli anziani e alle categorie più fragili con la scusa di ritornare sui banchi in sicurezza, benché il contagio risulti ben più frequente da studente a studente piuttosto che da professore a studente e benché chi è in cattedra, per ragioni previdenziali non abbia un'età in cui il virus è letale. Però poi ci siamo fermati. Non siamo stati capaci di portare a termine l'opera e abbiamo lasciato senza dose il 28% del personale scolastico; si torna in classe avendo fallito l'obiettivo di averle sterilizzate. Insomma, si riparte alla viva il parroco, senza aver studiato la lezione né avere copiato da chi ha fatto meglio. Certo, i nonni sono stati vaccinati, ma la loro salute è sempre stata secondaria rispetto alle scuole, visto che aprivamo le elementari, mandando in classe chi ha ancora i nonni, ma chiudevamo i licei, dove molti non ce li hanno più. I presidenti di Regione si lamentano che i mezzi pubblici, veicolo di contagio massimo, non sono stati rafforzati adeguatamente.

 

 

LE PROTESTE
I presidi protestano perché le aule sono piccole, il distanziamento è impossibile fuori dalle classi e l'igienizzazione è una chimera. I professori sono terrorizzati e disgustati dall'inefficienza del sistema. Le ragioni per cui si torna in aula sono due. La prima è che tra un mese e mezzo la scuola finirà. Si trattiene il fiato sperando che non tutto vada per il peggio. La seconda è che confidiamo nel generale Primavera più che nel generale Figliuolo. Con la bella stagione le goccioline di virus evaporano rapidamente e si sta di più all'aperto, quindi ci si ammala di meno. Ben venga, per una volta, il riscaldamento del pianeta. Il governo confida in un maggio rovente, che mandi al creatore l'umanità tra qualche decennio ma ammazzi il virus subito. Siamo alla danza del sole. Ci volevano i migliori al governo per riesumare riti primitivi. Imparate ragazzi, buona scuola. Godetevi il poco che l'epidemia vi concede: se parlate in classe con la mascherina i prof non vi vedono.

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