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Pietro Senaldi sulla guerra dei sondaggi: "Ecco perché Matteo Salvini e Giorgia Meloni devono ignorare quei numeri"

Pietro Senaldi
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La sinistra tifa Meloni. Il sondaggista più amato dal Pd, Nando Pagnoncelli, ha certificato due giorni fa il sorpasso di Fdi (20,5) ai danni della Lega (20,1), e del Pd (20,8) su tutti. Ieri Repubblica rilanciava un sondaggio Demos per il quale il 32% degli elettori del centrodestra vorrebbe Giorgia come leader della coalizione mentre solo il 24% preferirebbe Matteo e appena il 6% Silvio. Il restante 38% preferirebbe essere guidato da un'identità indefinita. La prima a mostrare scetticismo riguardo a queste rilevazioni è la numero uno di Fratelli d'Italia, che anziché gonfiare il petto getta acqua sul fuoco: «Non ha senso parlare ora di leadership». Politica consumata, sente puzza di bruciato. Teme la sinistra anche quando le porta buone notizie. Da che Salvini è al governo con il Pd, solo Letta ormai lo attacca violentemente. Il restante mondo progressista ha mangiato la foglia e ha spostato i cannoni contro la Meloni. La esaltano per far saltare i nervi al Capitano, sperando che egli molli l'esecutivo Draghi. Ma la esaltano anche per trovare una giustificazione per attaccarla meglio. La politica della sinistra si basa sulla demonizzazione dell'avversario e continuare a descrivere Matteo come l'uomo nero espone i progressisti alla legittima domanda del perché continuino a governarci insieme, se gli fa così schifo.

 

 

E siccome l'unica risposta possibile per i dem sarebbe lasciare esecutivo e poltrone, giacché Draghi più volte ha mostrato di condividere le istanze leghiste, meglio parlare d'altro. Per quanto non ci creda, i sondaggi che dicono che è stato sorpassato non fanno piacere a Salvini. Ed ecco che ieri, il sito Affari Italiani, che ha cambiato diversi punti di riferimento politici e ora guar da con rinnovato interesse alla Lega, ha sfornato fresco fresco un contro -sondaggio che ridisegna la situazione. La Lega sarebbe saldamente prima, in risalita, con il 22,4% dei consensi, e Fdi sarebbe ridisceso al 18,2, dietro anche al Pd (19,6). Rullo di tamburi, in serata è giunta la terza rilevazione, targata Swg. Si ricambia: Lega prima al 20,9 e grande sorpresa dietro: i dem si ritrovano terzi (19), sorpassati da Fdi (20,4).

 

 

LA VIA GOVERNISTA
Ognuno scelga a cosa credere. Siamo alla guerra dei sondaggi, che è vero che se non si vota poco contano, ma fanno tanto immagine. Il giochino è stucchevole, ma è sempre preferibile allo spettacolo al quale eravamo abituati. Prima dell'avvento del governo Draghi, che ha messo sottovuoto tutti i partiti, i leader decidevano leggi, battaglie e dichiarazioni in base ai sondaggi, per guadagnare un paio di punti in più. Ora si fanno la guerra attraverso le indagini demoscopiche, tirando ciascuno per la giacca il proprio sondaggista preferito, ma almeno nel centrodestra le forze non cambiano linea e decisioni a seconda delle curve demoscopiche. Salvini ha deciso di intraprendere una traversata nel deserto. Ha scelto la via governista, ridefinendo il profilo del partito. Si è tolto definitivamente la felpa e lavora a una forza in grado di ereditare il patrimonio liberale, popolare ed europeista a modo suo che è stata sempre la cifra di Berlusconi. Matteo sta seminando per le prossime Politiche, sia attraverso il progetto di federazione tra Lega e Forza Italia, che per Silvio e molti colonnelli azzurri dovrebbe sfociare in un partito unico e invece ieri è stata ancora bocciata pubblicamente dalla Meloni, sia con le battaglie per la riforma della magistratura e la riduzione delle tasse. Pare avere imparato la lezione del vecchio Bossi, secondo il quale i voti si perdono e si prendono, conta di più la politica, che se è azzeccata, prima o poi riporta a casa quelli usciti e anzi li aumenta. Draghi è salito di dieci punti nel gradimento in una settimana, arrivando alla quota da capogiro del 70%. Siccome, a differenza di Monti, SuperMario non farà un partito suo, quando giungerà il momento, questo consenso dovrà indirizzarsi verso qualcuno. E la Lega, con Forza Italia, in questo momento sembrano gli alleati più lucidi e più vicini al premier.

La Meloni fa un'altra partita, altrettanto vincente. Sta fuori dal governo senza essere sguaiata. Ascolta, critica, propone. Tecnicamente si chiamerebbe opposizione costruttiva. Siccome il governo Draghi, come tutti gli esecutivi, crea scontenti, verso Fdi volano consensi come rondini a primavera. I critici sostengono che con questa politica Giorgia non diventerà mai premier, perché chi è fuori dal sistema, anche se vince le elezioni poi non governa. Può essere vero, anche se la parabola di Conte dimostra il contrario: ha governato quando era fuori dal sistema e lo hanno fatto saltare quando si è fidato troppo della sinistra, che da sempre è sistemica. C'è da dire che alla leader di Fratelli d'Italia interessa molto più far vincere le proprie idee piuttosto che entrare lei a Palazzo Chigi, almeno così vuole che si pensi di lei in giro.

 

SINISTRA INDIETRO
Come andrà a finire nel centrodestra, non è dato sapere. Di certo, qualsiasi cosa accadrà da qui a due anni, lo schieramento si presenterà unito alle Politiche e, dovesse vincere le elezioni, proverà a governare con il leader del partito che ha preso più voti. A sinistra, dove tutti i giorni infieriscono sulle divisioni e la rivalità tra Giorgia e Matteo, stanno molto più indietro. L'alleanza tra M5S e Pd non esiste sui territori e non ci sarà neppure nelle urne nazionali. I grillini sono divisi tra di loro e i democratici, per non andare incontro a una Caporetto, dovranno trasformarsi in un cartello elettorale che racchiuda tutte le sinistre. Come finirà da quelle parti però si sa già, basta guardarsi indietro e mettersi poi le mani nei capelli.

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