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Ddl Zan, la vergogna di Fedez: se non la pensi come lui ti insulta, sfregio e insulti alla Chiesa

 Fedez

Francesco Specchia
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Per il ddl Zan, finché c'è Fedez c'è speranza. C'è sempre un innegabile tempismo nel rapper Federico Lucia, quando si tratta di cavalcare l'onda arcobaleno. Prendete il suo ultimo j' accuse su Twitter. È bastato che il Vaticano, attraverso il cardinale Paul Gallagher ministro degli Esteri del Papa, levasse gli scudi diplomatici per chiedere formalmente al governo italiano di modificare il disegno di legge contro l'omotransfobia in quanto violatore dei Patti Lateranensi, che subito Fedez il templare delle minoranze chiassose, insorgesse.

 

E che, armato di tweet e telecamera, muovesse contro i preti a testa bassa: «Il Vaticano che ha un debito stimato di 5 miliardi di euro su tasse immobiliari mai pagate dal 2005 ad oggi per le strutture a fini commerciali dice all'Italia 'guarda che con il Ddl Zan stai violando il concordato». Aggiungendo, inoltre: «E comunque, siamo uno Stato laico. Un'altra cosa, voi potete mettere becco sulle leggi italiane però perchè quando in Italia viene sgamato un pretino pedofilino, il pretino non viene processato dalla giustizia italiana?». A far da eco a Fedez contro il Concordato si alzano voci dal web e quelle di Paola Turci ed Elodie («Ringrazio i miei per non avermi battezzata») in una furiosa giostra anticattolica. Ora, l'intervento della diplomazia vaticana che -rivela il Corriere della sera- esprime "preoccupazione" per una legge dello Stato italiano e che va oltre la semplice moral suasion, è tanta roba. E, nella visione di uno stato laico, c'è poco da confutare nella reazione di Fedez.

 

La Chiesa ha i suoi problemi con immobili e pedofili. Ma il problema è che con quel documento squisitamente giuridico del Vaticano depositato all'ambasciata italiana, il Fedez-pensiero c'entra come i cavoli a merenda. È parlare due lingue diverse, è come chiedere un giudizio sul Recovery e sentirsi rispondere sui gol di Insigne. Tra i commenti che plaudono al rapper ne estraggo due controcorrente: «Attenzione a parlare del Concordato, perché è citato nella nostra Costituzione all'art 7 (Patti lateranensi). Ti supporto in tante battaglie, compreso il ddl Zan, ma parlare del Concordato vuol dire parlare della Costituzione. Occhio a non fare il passo più lungo della gamba».

E ancora: «Non condivido la posizione del Vaticano, questo accostamento non ha molto senso. Che la Chiesa cattolica sia portavoce di una gande fetta della popolazione italiana è un dato di fatto, la democrazia è anche questo». Sono due giudizi emblematici. È esattamente questo il senso: il rispetto dell'opinione altrui e il tracciato della democrazia da cui Fedez tende a deviare pericolosamente. Tra l'altro, se proprio non si sente minoranza e vuol fare il figo con la forza dei suoi 12 milioni e rotti di followers, la lotta con 1,32 miliardi dei seguaci della Chiesa cattolica sarebbe impari. In realtà la faccenda è tecnica. Per la Santa Sede l'art.7 del ddl Zan non esenterebbe le scuole private dall'organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro omofobia, lesbofobia e transfobia, violando la "libertà di organizzazione" al comma 1 e 3 dell'art.2-; e attenterebbe alla «libertà di pensiero» dei cattolici. Il che, in punta di diritto, è impeccabile.

Suggerisce Gennaro Acquaviva revisore con Craxi del Concordato dell'84: la Chiesa non ha torto, se la libertà e l'autonomia della scuola cattolica vengono messe a rischio nel momento in cui la stessa scuola «viene obbligata a fare qualcosa che va contro la propria coscienza e i propri principi». Qui, la disputa è tra Stati sovrani. Credo che Fedez ne sappia quanto io della discografia di Guè Pequeno o di Fabri Fibra.

 

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