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Vittorio Feltri sull'attacco hacker al Lazio: "Ci facciamo fregare dal primo pirla addestrato a Pechino e dintorni"

Vittorio Feltri
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 Sono ormai 40 anni che nel mondo ha fatto irruzione il computer, esso non è una novità sorprendente, bensì uno strumento di uso comune. La dimestichezza con le tecnologie avanzate dovrebbe essere consolidata in ogni paese civile, e invece una brutta mattina di agosto l'Italia si scopre analfabeta informatica, al punto che nel Lazio l'intero sistema di ultima generazione, a causa di banditi specializzati, è andato completamente in vacca. Un disastro provocato da gente furba che magari, ed è probabile, ricattai nostri soloni elettronici chiedendo un riscatto in denaro - molti quattrini - per ristabilire la normalità nelle maledette o benedette macchinette digitali.

 

 

 

La cosa impone una riflessione terra a terra: come è possibile che una nazione evoluta quanto la nostra si faccia sorprendere e paralizzare da malviventi esperti in atti delinquenziali consumati sulla tastiera? Si vede che tanto evoluta non è se si fa buggerare da qualche furbetto perfettamente in grado di metterci in difficoltà. Probabilmente tutti noi, anzitutto lo Stato e i suoi organismi addetti al controllo della pulizia della rete, siamo più indietro dei criminali, incapaci di difenderci e di proteggerci da incursioni illegali. Il che dimostra che la retorica corrente a riguardo della digitalizzazione non basta a garantire la modernità dei servizi pubblici e privati.

 

 

 

Gli italiani probabilmente in confronto ai cinesi continuamente deplorati sono rimasti al Medioevo in fatto di comunicazioni rapide e sicure. Ci diamo tante arie perché siamo compatrioti di Leonardo e di Michelangelo, senza contare Marconi e Fermi, poi ci facciamo fregare dal primo pirla addestrato alla grande a Pechino e dintorni. Litighiamo tra noi sulla legge Zan, sulle riforme del Fisco e della Giustizia, ma non siamo capaci di mettere al sicuro il nostro complesso di macchine informatiche. Dobbiamo batterci il petto e recuperare il terreno perduto, altrimenti saremo superati anche dai pigmei.

E allora saranno guai seri. Bisogna combattere i profittatori elettronici, ma per farlo occorre competenza, proprio ciò che ci manca: la voglia di studiare e anche quella di lavorare in sintonia con le organizzazioni imprenditoriali, le sole che si danno da fare alla faccia delle istituzioni. Le quali sono guidate da persone che pensano solo a spartirsi il potere che poi non sanno gestire per impreparazione e insipienza culturale. 

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