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M5s, "smarriti i sensori gusti": i grillini hanno perso il contatto con il Paese, rischia lo stesso governo Draghi

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Francesco Carella
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Le continue tensioni a cui viene sottoposto il governo Draghi da parte delle forze politiche della maggioranza- in taluni casi fino a minacciare la crisi dell'esecutivo come è avvenuto con il M5S sulla riforma della Giustizia- dimostrano che ogniqualvolta la classe politica smarrisce i sensori giusti, per comprendere in quale direzione si stia muovendo il tessuto reale del Paese, il rischio è che essa possa compiere scelte miopi e partigiane. Va da sé che nessuno intenda mettere in discussione la natura dei partiti, così come viene definita da Alexis de Tocqueville nel lontano 1835 quando sottolinea che «i partiti sono una miscela d'ideali e d'interessi da cui non è possibile prescindere». Nel contempo, però, non possono nemmeno essere ignorati gli "stati d'eccezione" che vengono a crearsi in alcuni frangenti storici - si tratta della condizione in cui si trova attualmente l'Italia- e che richiedono uno sforzo condiviso da tutti i protagonisti pubblici.

 

 

Anche perché se così non dovesse essere nei prossimi mesi ci si assumerebbe la responsabilità di fare correre al Paese un grave pericolo, ovvero quello di saltare gli appuntamenti operativi con il Recovery e con quelle riforme già concordate con l'Ue senza le quali non ci sarebbe il disco verde per i finanziamenti dei relativi progetti. Sei pentastellati, di tanto intanto, sfogliassero un manuale di storia apprenderebbero che nel momento in cui le classi politiche non percepiscono in tempo ciò che sta accadendo nel profondo della società- a causa di ritardi culturali e di granitiche convinzioni ideologiche- spesso vengono travolte dagli eventi, fino a compromettere l'esistenza dello Stato democratico. Si pensi a ciò che avvenne all'indomani del Primo conflitto mondiale, quando, una triplice cecità politica spianò la strada del governo a Mussolini. Infatti, non compresero i nuovi fenomeni sociali né i notabili della vecchia classe liberale, né i socialisti, né il Partito popolare prigioniero della "doppia lealtà" alla Chiesa e allo Stato.

 

 

In questi mesi, segnati da circostanze straordinarie, una classe politica dotata dello sguardo lungo della storia dovrebbe smettere di occuparsi del "proprio giardino", per dedicarsi totalmente alla cura dell'interesse nazionale. È possibile che a stretto giro non tornino i conti elettorali in casa di qualcuno, ma quadrino, viceversa, quelli fondamentali del Paese. Winston Churchill, con la sua caparbietà e visione del futuro concorse a salvare la Gran Bretagna e l'Europa dalla furia nazista, ma alle elezioni politiche del 1945 il popolo inglese gli preferì il laburista Clement Attlee. Egli tornò a Downing Street sei anni dopo. Tutto ciò per dire che l'Italia in questo delicato passaggio politico non ha bisogno di partigianerie, ma di un ceto dirigente sostenuto da grandi tensioni ideali. In assenza di tali aspirazioni possiamo anche dire addio alla possibilità di avviare una coraggiosa ed efficace stagione di riforme strutturali. A quel punto, per dirla con Gramsci, «potrebbero verificarsi i fenomeni morbosi più svariati».

 

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