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Pretty Woman affonda il "MeToo", così il mito di Cenerentola affonda il politicamente corretto

Renato Farina
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Incredibile, o forse indecente. Io dico: meno male. Un film del 1990, trasmesso decine di volte su un sacco di reti, ha avuto ancora un successo clamoroso in tivù, prima serata di Rai1. Si tratta del favoloso "Pretty Woman", dove riluce la prepotente dolcezza di Julia Roberts, che diffonde la magia del femminile come un brillio nel grigiore della vita. La bellezza è la bellezza, il cielo è azzurro. E io, e con me altri milioni, me lo sono riguardato in santa pace. Dove sta la sorpresa (o l'indecenza?- direbbero le anime semplici. Poverette, ma dove vivono? Non si rendono conto di aver partecipato alla serata più autenticamente trasgressiva nell'era della morale capovolta. Il nostro tempo si è fatto complicato. E ciò che sarebbe un fatto normale, qual è il gusto per una storia costruita sui modelli della cultura popolare, per cui il matrimonio coincide con il lieto fine, con quei sorrisi della sposa redenta più larghi della tangenziale, adesso non solo è miracolosamente sfuggito alla tagliola preventiva dei nuovi moralisti, finendo addirittura sul canale numero uno, ma ha raccolto covoni di spettatori felici e spensierati.

 

 

La trama e la raffigurazione dei personaggi sono infatti una raccolta indifferenziata di idee da pattumiera sessista. secondo i parametri oggi dominanti nella crème culturale. Sin dal titolo. Pretty Woman sta per Bella Donna, chiarissimo caso di "catcalling", il termine con cui si usa criminalizzare i complimenti senza permesso al tempo del #MeToo. Ma a quanto pare le vezzeggiate masse popolari rispondono a canoni antichi. Bisognerà proprio rieducarle. I guardiani della nuova moralità pubblica si interrogano sgomenti sulla loro sbadataggine. Pare fossero impegnati a ritwittare Selvaggia Lucarelli, così gli è passata sotto il naso questa faccenda inaccettabile: se almeno si fosse trattato di un matrimonio gay, o Julia Roberts si fosse rivelata una trans, allora la cosa sarebbe stata sopportabile. Ma il matrimonio come coronamento di un riscatto e meta ambita della felicità, è quanto di meno idoneo all'educazione delle masse sia accettabile per i nuovi puritani da cancel culture.

 

 

La storia, per i due gatti che non la conoscessero, è una versione per adulti di Cenerentola. Vivian è una prostituta la quale conquista il cuore di un ricchissimo cliente (Edward=Richard Gere). E' l'eroina. Stravince. Negli ultimi anni questa commedia è stata stroncata violentemente. Non esistono prostitute contente. Il maschio sarebbe dovuto finire in carcere. Bisogna riscrivere il mito di Cenerentola in nome del #MeToo. Fatto! E' uscito all'uopo in America il li brodi Rebecca Solnit "Cinderella Liberator" . Lo ha raccontato così a Repubblica: "Alla fine vivono tutti felici, contenti: e nessuno si sposa". Per fortuna da noi ieri ha vinto il gusto per la trasgressione: passa dal battere le mani a un matrimonio.

 

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