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Ddl Zan, orrore della sinistra in piazza: "Solo perché non vi abbiamo ancora appesi", ecco cosa spunta

Giovanni Sallusti
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Sono scesi in piazza quelli contro l'odio, l'altra sera a Milano e a Roma, ed è stato meglio di un trattato di sociologia. Foto, manifesti, slogan, istantanee. Pura cronaca che dimostra una volta di più il fenomeno caratterizzante di questa psicotica contemporaneità: l'odio degli anti -odiatori, l'odio dei Buoni. «All'interno del movimento progressista c'è l'accettazione del fatto che certe idee dovrebbero essere soppresse» scritto nel suo ultimo saggio Languages of Thruth Salman Rushdie, uno che di scomuniche se ne intende, convivendo da più di trent' anni con una fatwa islamista. Ebbene, l'idea che «dovrebbe essere soppressa», secondo le brigate arcobaleno di casa nostra, è quella secondo cui il (fu) disegno di legge Zan non rappresentasse un'imprescindibile conquista di civiltà, il Sacro Grall della religione inclusivista a cui abbeverarsi a prescindere da noiose procedure della democrazia quali i numeri parlamentari, e perfino da quisquilie costituzionali come la libertà d'espressione. I fotogrammi allora, a cominciare da Milano, «quella dalla parte giusta», come ha twittato in diretta una delle groupie pro-Zan più attive, Selvaggia Lucarelli, rivelando una mentalità per nulla manichea e discriminatoria.

 

 

Manifestazione all'Arco della Pace, organizzata da Arcigay Milano e da I Sentinelli. Costoro si definiscono «amanti persi della laicità dello Stato», quindi immaginavamo anche della sovranità delle assemblee elettive rispetto ai tweet di Fedez, oltre che al Vaticano. Sbagliavamo: il loro portavoce Luca Paladini riesuma toni che sarebbero piaciuti all'antiparlamentarismo novecentesco (sì, compreso quella roba lì, quel "fascismo" di cui i Buoni accusano chiunque non si specchi nella loro argenteria chic): «Il Parlamento parla ormai non si sa bene a chi. Sepolcri imbiancati, ecco cosa sono».

 

IL CARTELLONE - A breve ci aspettiamo l'appello a fare dell'«aula sorda e grigia» un «bivacco per manipoli» Lgbt. Nel frattempo, s' affaccia un cartellone che tracima tolleranza e buoni sentimenti: «I veri moderati siamo noi, che non vi abbiamo ancora APPESI». Per rendere inequivocabile il concetto illuminista, di fianco campeggia tanto di disegno con figura umana penzolante per i piedi. È l'eterna seconda faccia del fascismo, l'antifascismo, con equivalenza per nulla generica: chiunque si sia opposto al totem-Zan (compresi quindi Papa Bergoglio o Tommaso Cerno, unico senatore dichiaratamente gay peraltro eletto nel Pd) è come Lui, il Duce sempre sul punto di tornare. Dietro, un sempreverde «Pagherete caro pagherete tutto», direttamente dal repertorio di Lotta Continua, nota fucina di dialogo negli anni Settanta. Poco più in là, la fotografia del Demonio secondo i manganellatori angelici, il senatore leghista Simone Pillon, intento addirittura ad esultare per coincidere il proprio voto con le direttive della segretaria del Pd sono i mandanti morali di quei pestaggi, come il commissario Calabresi era il mandante morale dell'omicidio Pinelli nei deliri degli evocati precursori lottacontinuisti. Non è andata meglio a Roma, dove al corteo partito da via San Giovanni in Laterano c'erano pure i tre massimi gerarchi del Sessualmente Corretto, Monica Cirinnà, Vladimir Luxuria e lo stesso Zan fresco di tranvata.

 

 

I NEMICI - Si parte con un coro per testimoniare il rispetto dell'avversario politico: "Renzi merda!". Dopodiché si precipita nella furia sinistra vintage: «Fascio stai attento, ancora fischia il vento», «uccidere un fascista non è un reato» (dev' essere la logica alla base della famosa legge contro ogni violenza), «obiettore, ti sdraiamo senza fare rumore» (un po' una sintesi dell'articolo 4 della suddetta legge, e del suo approccio alla libertà di coscienza). Del resto, il clima irenico delle ore precedenti si era svolto all'insegna del killeraggio social contro il solito Pillon («Infame, appeso a testa in giù, a piazzale Loreto!») e contro Mattia Feltri, reo sulla Stampa di essersi dissociato dal piagnisteo funebre sul Ddl Zan («Se non volete vomitare non leggetelo. Disgustoso»). I due minuti di Odio preconizzati da Orwell come prassi dei totalitarismi sono stati dilatati dai nemici dell'odio a due giorni, e non accennano a terminare.

 

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