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Vittorio Feltri, le guerra non cambiano: l'umanità è sempre un agglomerato di fetenti

Vittorio Feltri
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In conclusione: è più facile morire che sopravvivere. Ne sanno qualcosa gli ucraini, gente qualunque giustiziata con metodi sbrigativi per strada, legata mani e piedi e mandata all'altro mondo con un colpo, vari colpi, alla nuca. I russi sono specialisti nell'esercitare violenze gratuite, basti pensare a quello che hanno combinato in Cecenia e in Siria, dove il tiro alle persone era diventato uno sport come quello al piccione, egualmente schifoso. Ma conviene ricordare che anche i tedeschi si divertivano a lanciare per aria i bambini per poi abbatterli, prima che toccassero terra, con un proiettile d'arma da fuoco bene assestato.

 

 

Questi dettagli fanno vomitare chi li scrive e chi li legge, ma sono la descrizione di massacri avvenuti e che ancora avvengono. Poi si discute alla ricerca degli assassini che peraltro non si trovano perché nessun criminale ammette di essere tale. Ovviamente i russi sostengono di essere combattenti leali, bravi soldati che si battono per la patria, gli ucraini dichiarano di essere dei patrioti che si sacrificano per la libertà. Nessuno tiene conto di un dato: è vero che è preferibile morire in piedi che campare in ginocchio, però è altrettanto vero che un uomo eretto sul punto di finire all'altro mondo è destinato a sdraiarsi, cosicché verrebbe spontaneo dire che conviene stare in ginocchio, con la speranza di rialzarsi piuttosto che irrigidirsi in una bara.

Adesso la discussione verte su questo punto: sono stati i militari di Mosca a commettere le atrocità di cui abbiamo visto le foto o sono stati gli stessi ucraini a compierle per accusare il nemico di non avere pietà? Mi sembra evidente che gli ucraini non si potevano uccidere tra loro per uno scopo così basso, è ovvio che i massacratori siano stati gli invasori, allenati a compiere stragi con la medesima disinvoltura con cui gli scolari eseguono esercizi di grammatica. Le guerre non cambiano mai, chi combatte vuole vincere a tutti i costi, e il suo carburante è la crudeltà. Trucidare il nemico è un imperativo categorico. L'umanità è un agglomerato di fetenti da sempre, da quando abitava nelle caverne. Un tempo remoto gli aborigeni trucidavano qualsiasi estraneo che si avvicinasse alle loro grotte. La battaglia non è figlia del coraggio bensì della paura di soccombere e di cedere la proprietà a un altro, anche se si tratta di una pelle di pecora e di quattro carabattole.

 

 

L'evoluzione della specie si è accompagnata al progresso e alla sofisticazione delle armi. Primum interficere, deinde vivere. Le vicende belliche si sono susseguite nei secoli e pretendere che oggi si favorisca la trattativa rispetto alla sparatoria significa essere ingenui. Quando scrivevo al Corriere della Sera, molto tempo fa, e sedevo al tavolone degli Interni, tra una ventina di giornalisti che lavoravano in religioso silenzio, c'era un collega napoletano molto intelligente, si chiamava Felicetti, il quale verso le 19, ogni sera, alzava gli occhi dalle "sudate carte" ed esclamava con voce tonante: «L'uomo è una merda». Si riferiva ai peggiori casi di cronaca anche internazionale. Era la persona più saggia che avessi mai conosciuto.

 

 

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