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Atlantisti sì, ma non trinariciuti: non nascondiamo i guai dell'Occidente

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Draghi e Biden nel servizio del Tg1

Giuseppe Valditara
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Non passa giorno che illustri commentatori pretendano di dare patenti di affidabilità democratica a questo o a quel leader politico, arrivando a suggerire nuovi archi costituzionali composti da partiti radicalmente antitetici e tuttavia accomunati dall'essere apertamente filoamericani. Come se le differenze radicali in materia di tasse, casa, immigrazione, solo per citare qualche argomento, non contassero nulla al cospetto della lealtà verso l'alleanza atlantica. Questi illustri commentatori non sanno, o fingono di non sapere, che in Italia non vi sono forze politiche significative che seriamente contemplino l'uscita dalla Nato o lo sviluppo di una politica ostile verso gli Stati Uniti. Non vi sono in altre parole forze politiche importanti che siano su posizioni simili a quelle del Pci nella Prima repubblica. Un partito verso cui, fra l'altro, taluno di questi illustri commentatori ha a suo tempo simpatizzato.

 

 

Non vi è nemmeno leader politico in Parlamento che pensi di trasformare l'Italia in una autocrazia illiberale in cui le elezioni siano truccate, la separazione dei poteri cancellata e lo stato di diritto abolito. Per intelligenza e onestà dovrebbero riconoscerlo. Questi illustri commentatori invitano tutti i giorni a scegliere fra mondo libero e autocrazie. Messa in questi termini la scelta è scontata e dubito che ci sia qualche leader politico che non la condivida. Il punto è: scegliere turandosi il naso, come si faceva nella prima repubblica quando i democratici e i liberali, essendo anticomunisti ed antifascisti, votavano per la Dc perché il resto era peggio, oppure scegliere identificandosi in un certo modello. E allora, cari illustri commentatori, molti italiani democratici e liberali non si identificano affatto in un certo neo modello occidentale, quello in cui le università anziché «essere luoghi di libero confronto delle idee, sono il teatro di una caccia alle streghe, con docenti cacciati, intellettuali zittiti e interdetti all'accesso», come accade sempre più spesso nelle università americane. E a denunciarlo è un mite uomo di sinistra come Federico Rampini.

 

 

Oppure nel modello accarezzato da autorevoli intellettuali "democratici" che a suo tempo invitarono ad "usare i media e i tribunali" per sviluppare la resistenza contro un presidente Usa eletto dal popolo. Né si identificano in un modello in cui chi considera naturale una famiglia fondata su due persone di sesso diverso, come recita peraltro la nostra costituzione, è censurato ed emarginato, ovvero nel modello in cui è tacciato di fascismo chi denuncia il rischio di una immigrazione alluvionale, in specie laddove sia portatrice proprio di valori antitetici a quelli occidentali. Peccato che giusto alcuni fra questi illustri commentatori siano stati minacciati e ridotti al silenzio quando arrivarono a proporre una immigrazione per quote di provenienza, culturalmente compatibili.

 

 

Cari illustri commentatori, ci sono tanti italiani liberali e democratici che amano sinceramente l'Occidente, ma quello autentico, quello che ha rispetto per ogni idea pacatamente espressa e che onora la propria storia, pur con i suoi tanti errori. Questi italiani scelgono ancora un Occidente sempre meno attraente, sempre più intollerante e tarocco, perché dall'altra parte è peggio, ma lo fanno sempre più spesso, ancora una volta, turandosi il naso. Temo dobbiate farvene una ragione.

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