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Pd terrorizzato dal perdere il Quirinale: vietato votare il presidente

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Con quell'uscita sulle dimissioni di Sergio Mattarella in caso di approvazione dell'elezione diretta del presidente della repubblica, Silvio Berlusconi ha messo in imbarazzo i suoi alleati. Lo dimostrano certe loro reazioni e la spiegazione che lo stesso fondatore di Forza Italia ha voluto dare dopo che la tempesta si era scatenata («Non ho mai attaccato il presidente Mattarella, né mai ne ho chiesto le dimissioni...»).
Spetterà ovviamente al capo dello Stato, se e quando una riforma così importante verrà approvata, decidere se sarà opportuno per lui restare al Quirinale o lasciare.

Nella migliore delle ipotesi, se ne parlerà tra qualche anno. Ignazio La Russa dice che «è prematuro discutere oggi del tema di Mattarella, ben prima che la riforma presidenziale si compia. Inoltre l'ipotesi delle dimissioni necessiterebbe del suo consenso: l'idea di una presidenza con il cartellino di scadenza non è la più adatta». La conferma che dentro Fdi già si respira l'aria delle grandi responsabilità istituzionali. Un pregio, però, alle parole del Cavaliere va riconosciuto. Hanno fatto impazzire la sinistra, indicando qual è la vera posta in gioco il 25 settembre: non tanto il governo del Paese, che in tempi di lacrime e sangue può essere una sventura per chilo guida, ma l'opportunità, per il centrodestra, di cambiare l'assetto istituzionale della repubblica, dando al capo dello Stato quella legittimità che solo l'elezione diretta da parte del popolo può garantire, e chiudendo l'epoca dei governicchi (durata media dal 1948 ad oggi, appena 414 giorni), che ci rende un unicum tra i Paesi democratici.

 

 


IL FATTORE STABILITÀ
È questa, infatti, la vera forza del presidenzialismo (o del semipresidenzialismo, nel caso si decida, come in Francia, di non far coincidere il capo dello Stato col primo ministro). Non la certezza che il prescelto abbia qualità eccelse (anche i sindaci sono eletti direttamente, e spesso si rivelano inadatti al compito), bensì la stabilità, che le regole istituzionali garantiscono ai governi degli altri Stati e non a quelli italiani. Chi pensa che l'Italia non possa avere nulla di simile, vada a vedere cosa fu la traballante quarta repubblica francese, e come tutto cambiò tra il 1958 e il 1962, quando Charles de Gaulle fece riscrivere la Costituzione, spostando il baricentro del sistema dal parlamento a un presidente della repubblica eletto a suffragio universale.


Sei sondaggi e le simulazioni diffusi negli ultimi giorni sono corretti (ma dovrebbero sbagliare di molto, per dare un senso diverso a questa storia), è la prima volta che il centrodestra italiano ha a portata di mano la possibilità di fare qualcosa di simile. Il 60% dei seggi del parlamento, che oggi tutte le analisi gli attribuiscono, non potrà evitare il referendum confermativo, ma basta per riscrivere la Costituzione in piena autonomia. E se c'è una cosa su cui tutti i partiti della coalizione concordano è proprio l'elezione diretta del presidente della repubblica, su cui esiste un'identità di vedute che non si trova in materia di fisco e politica estera. È questo il terrore del Pd e dei suoi alleati: che il mix attuale, fatto di sondaggi favorevoli ai loro rivali, errori strategici di Enrico Letta e mattane di Carlo Calenda, possa produrre come risultato non un'altra parentesi blu in una lunga serie di governi tinti di rosso, ma un cambiamento epocale nelle regole del gioco, dopo il quale nulla sarebbe come prima.

 

 

Perciò Letta e i suoi reagiscono così, e ingigantiscono le parole e le intenzioni del Cavaliere, inventando che l'obiettivo finale è portare Berlusconi sul Colle. Il quale, peraltro, se davvero dovesse andare lassù una volta introdotto il presidenzialismo, sarebbe solo perché tra qualche anno (e lui va per gli 86) il centrodestra lo ha candidato, la sinistra non ha saputo contrapporgli un'alternativa migliore e la maggioranza degli italiani lo ha votato: uno scenario improbabile, ma del tutto democratico e certo non «eversivo e pericoloso» come dicono al Nazareno.


IL VERO ATTENTATO
Dal loro punto di vista, pe rò, l'elezione diretta del capo dello Stato pericolosa lo è davvero. Col sistema attuale, pur essendo da tempo minoranza nel Paese, il Partito democratico riesce regolarmente a quasi monopolizzare tutte le alte cariche, iniziando dal Quirinale e dalla Corte costituzionale. Far scegliere il presidente della repubblica agli italiani, come proposero durante i lavori della Costituente uomini di sinistra quali Leo Valiani (firmatario della condanna a morte di Benito Mussolini) e Piero Calamandrei, farebbe saltare lo schema tanto redditizio. L'attentato, insomma, ci sarebbe: ma ai privilegi del Pd, non certo alla salute della repubblica. 

 

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