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Mafia: testimone giustizia, non siamo carne da macello, abbiamo scelto lo Stato/Adnkronos

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Palermo, 25 lug. - (Adnkronos) - Lui ha scelto di restare. E di mantenere la sua identità. La battaglia contro Cosa nostra ha deciso di farla dalla sua Sicilia, dalla sua Bivona. Una testa dura, dice chi lo conosce, "una persona che ha scelto la dignità" spiega lui. Ignazio Cutrò è uno dei 16 testimoni di giustizia di origine siciliana ricevuti oggi all'Ars e degli 88 di tutta Italia. Gente 'comune', che ha fatto, però, una scelta di vita chiara: schierarsi a fianco dello Stato, collaborare con forze dell'ordine e magistratura fornendo informazioni utili alle indagini, anche mettendo a rischio la propria vita e quella dei propri familiari. Senza ambiguità. Senza tentennamenti. Una vita sotto scorta, mettendoci la faccia, però. Fino al 1999 Ignazio, 47 anni e due figli poco più che 20enni, era solo un imprenditore di Bivona (Agrigento) del settore edilizio e del movimento terra. Prima delle denunce contro la mafia la sua azienda aveva una classe tripla A, cioè il massimo affidamento bancario. Poi il 10 ottobre di quell'anno arrivò il primo 'avvertimento', l'incendio di una pala meccanica. "Non ho mai versato un euro alla criminalità organizzata - racconta all'Adnkronos -. Mi ritenevano uno 'sbirro', uno vicino alle forze dell'ordine ed allora hanno pensato di spaventarmi". Eppure Ignazio la sua scelta l'aveva fatta già nel 1986: vice presidente della prima associazione antiracket di Bivona 'Arte e mestieri'. (segue)

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