(Adnkronos) - Secondo gli insegnanti, quindi, tale logica, "mentre da un lato impone tagli al welfare che colpiscono le fasce piu' deboli della popolazione, dall'altro attribuisce alla scuola un ruolo puramente strumentale e addestrativo, costringendola a rinunciare al proprio compito, che e' quello di formare donne e uomini dotati di pensiero critico e autonomia di azione. In questo modo il sapere non e' piu' concepito come patrimonio umanizzante, ma come consumistica "merce di scambio", spendibile solo su un piano economico e non su quello ben piu' importante della partecipazione di tutti alla vita associata delle donne e degli uomini". "Noi - spiegano quindi gli Insegnanti Arrabbiati - vogliamo invece una scuola pubblica che abbia come obiettivo l'emancipazione umana e che favorisca la mobilita' sociale; che sappia essere autenticamente democratica, perche' laica, libera e inclusiva, una scuola formatrice di cittadine e cittadini colti, critici e attivi. Questa e' la scuola che la Costituzione auspica. Questa e' la scuola per la quale noi insegnanti della scuola pubblica italiana vogliamo lavorare". "Esigiamo - si legge ancora nel manifesto - che il ceto dirigente di questo paese smetta di considerare la scuola pubblica come un semplice strumento del mercato o, peggio ancora, come una spesa o un costo dello Stato, su cui praticare tagli selvaggi e indiscriminati. La scuola pubblica deve invece essere pensata come una dimensione educativa fondamentale su cui investire, perche' e' in essa che gli individui possono crescere e farsi portatori di un pensiero libero e creativo: l'unico capace di trovare vie nuove e alternative proprio nei momenti di crisi, quando cioe' le soluzioni scontate o tradizionali non sono piu' efficaci". (segue)