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L'Ue ci chiede un'altra manovra e i falchi tedeschi litigano con Visco

Nicoletta Orlandi Posti
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Mentre Angela Merkel, a Firenze, faceva credere a Matteo Renzi di apprezzare le riforme approvate dal governo italiano, da Bruxelles arrivava la doccia fredda. L'ennesima mazzata: l'Italia ha bisogno di una correzione dei conti pubblici pari allo 0,25% del pil. Calcolatrice alla mano vuol dire una manovra da 4 miliardi. La valutazione sulle finanze statali del nostro Paese è prevista per marzo e sull'entità della correzione, ieri, si è aperto un piccolo giallo. Quel che è certo è che il Tesoro ha recapitato alla Commissione Ue tutti i dati di bilancio aggiornati. A via Venti Settembre c'è fiducia anche se hanno fatto notare come, in linea teorica, l'eventuale correzione potrebbe essere superiore allo 0,25% di cui aveva già parlato, lunedì scorso, il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici. L'asticella potrebbe alzarsi fino allo 0,3%, cioè 4,5-4,8 miliardi. Il commissario si basava sulla nuova flessibilità che adatta il percorso di aggiustamento al ciclo economico. Ma la flessibilità, hanno spiegato al Tesoro, prevede diversi aspetti e non ha un'applicazione così automatica, quindi è ancora presto per indicare la cifra esatta che sarà considerata sufficiente per l'Italia. Anche perché la decisione finale sarà presa non solo da Moscovici, ma anche dal suo superiore Valdis Dombrovskis, il «falco» lettone responsabile della vigilanza sui conti. L'esame di marzo, vale la pena ricordarlo, riguarda pure Francia e Belgio. Il bazooka - Renzi, comunque, non sembra temere le prossime valutazioni. Ha giudicato positivamente il bilaterale fiorentino con Frau Merkel. Tutti e due si son detti convinti che il bazooka messo in campo giovedì dalla Banca Centrale Europea di Mario Draghi sia «positivo», un segnale «importante», ma che non basta. Bisogna proseguire, anzi accelerare sulle riforme, hanno osservato, con il premier italiano che ha annunciato di voler «mettere il turbo». Le pacche sulle spalle dalla cancelliera («un percorso ambizioso che apprezzo») hanno illuso il premier, ma la Germania in realtà non arretra di un millimetro dalla linea del rigore sui conti e le indicazioni sul deficit sono arrivate da Bruxelles con un tempismo forse non casuale. «Ogni volta che ci vediamo mi informa sui progressi. Conosco tutti i passi» ha confessato Merkel. La sintonia c'è, anche se i retro pensieri sono, forse, diversi. E le interpretazioni contano parecchio: per lei quel «non bastano» le mosse dell'Eurotower e le aperture Ue significa ribadire anche la necessità del rispetto del risanamento delle finanze. Per Renzi, pronto a giocare la sua battaglia in Europa, vuol dire «serve» accompagnarle con più flessibilità sul fronte degli investimenti. Un distinguo non da poco. Benzina sul fuoco - Anche perché pure nella giornata di ieri il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, non ha mancato di gettare benzina sul fuoco delle polemiche per il Qe della Bce: «È certo che il piano di acquisti va a ridurre la pressione su paesi come l'Italia e la Francia, ma sarebbe pericoloso non proseguire sulla strada delle riforme già avviate». Ricevendo in cambio la pronta replica del collega italiano, Ignazio Visco, che gli ha ricordato come dagli acquisti di titoli pubblici saranno i tedeschi a guadagnarci di più: «No, non è così - ha spiegato il presidente della Banca d'Italia - Gli acquisti di bond lanciati con il Quantitative easing della Bce produrranno, infatti, redditi da operazioni monetarie che verranno girati alle banche centrali nazionali e potrebbero persino aiutare i bilanci pubblici». Secondo fonti bancarie, quindi, «la Germania ci guadagnerà, realizzando un quarto del guadagno complessivo». Tutto da giocare - La partita sui conti comunque è tutta da giocare. Secondo fonti del Tesoro, nei contatti di queste settimane con la Commissione europea sono stati trovati «accordi sui nodi rimasti aperti» e la Commissione starebbe riconoscendo molte delle voci e delle misure fiscali che erano state finora giudicate incerte o ambigue. Quindi Roma, spiegavano ieri dal ministero dell'Economia, è «assolutamente fiduciosa che la Commissione riconoscerà i calcoli italiani». di FRANCESCO DE DOMINICIS twitter@DeDominicisF

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