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L'olio d'oliva tunisino ci invade. E il nostro non si vende

Cristina Agostini
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Le notizie sono due. La prima: a differenza di quanto era accaduto nella scorse annate, nel 2018 l' olio tunisino ha invaso il nostro mercato. La seconda notizia è perfino più preoccupante: nei silos delle aziende olearie ci sarebbero 100mila tonnellate di olio d' oliva italiano invenduto. Ma andiamo con ordine. L' invasione di olio dalla Tunisia era largamente annunciata. Al contingente di 56.700 tonnellate a dazio zero previste dall' accordo di associazione Ue-Tunisia in vigore dal 1998, se ne sono aggiunte altre 35.000 sotto le pressioni di un fronte Dem capeggiato dall' alto rappresentante della Ue per la politica estera, Federica Mogherini. Nel 2016 e nel 2017 l' olio nordafricano aveva preso la strada della Spagna, dove acquisiva il passaporto comunitario e veniva esportato verso il nostro Paese. Poi il traffico è stato scoperto dalle autorità iberiche e il giochino è saltato. Da allora i carichi di olio tunisino hanno cominciato ad arrivare direttamente nei nostri porti. «Nel 2018 gli sbarchi sono triplicati rispetto all' anno precedente. E secondo i dati Istat relativi al primo semestre l' import dalla Tunisia si attesta a 35.900 tonnellate. Si tratta», fa sapere la Coldiretti, «di produzioni a bassa qualità svendute a prezzi insostenibili, ma commercializzate dalle multinazionali sotto la copertura di marchi nazionali ceduti all' estero per dare una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati, a danno dei produttori e dei consumatori». Leggi anche: Il pesce italiano è finito... Ecco cosa mangiamo davvero MERCE DI SCAMBIO - Il sindacato guidato da Roberto Moncalvo chiede che non venga rinnovato il contingente aggiuntivo di 35mila tonnellate, come invece domanda Tunisi. «Il settore agricolo non deve diventare merce di scambio degli accordi internazionali», afferma Moncalvo, «senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale ed ambientale sui territori». Ma c' è una seconda notizia che getta un' ombra inquietante sull' intero settore oleicolo. Come ha scoperto Teatronaturale. it, la testata online diretta da Alberto Grimelli, secondo il secondo Rapporto Frantoio Italia redatto dal servizio Repressione frodi del Ministero, «generato sulla base dei dati dichiarativi del registro telematico di carico e scarico Sian, in Italia sarebbero giacenti presso gli operatori 100mila tonnellate di olio italiano, ovvero poco meno di un quarto di quanto prodotto l' anno scorso dal nostro Paese». TROPPI MAGAZZINI PIENI - Non è per nulla normale che ad ottobre, con la nuova campagna di raccolta delle olive giù iniziata, vi siano così tanti silos ancora pieni di prodotto nazionale. «L' anomalia appare tanto evidente», aggiunge Grimelli, «che varrebbe la pena di approfondire, con verifiche dove ci sono gli stock più importanti, per capire, analisi alla mano, l' origine del prodotto stoccato». La metà dell' extravergine invenduto, oltre 50mila tonnellate, è concentrata in Puglia, la regione italiana che produce più olio d' oliva, circa 200mila tonnellate. Il sospetto è che dopo l' olio italiano «di carta» intercettato dai Carabinieri in Calabria, vi sia sul mercato parecchio extravergine «naturalizzato» italiano. Proveniente proprio dai Paesi del nord Africa. È ancora fresco nella memoria degli addetti ai lavori il maxi sequestro operato presso un solo oleificio del Barese, di 7mila tonnellate di olio dichiarato «made in Italy» ma che in realtà arrivava da Egitto, Tunisia e Marocco. La scoperta si deve all' esame del Dna che l' imbottigliatore pugliese ha cercato invano di bloccare in Tribunale. Nel nostro Paese l' oro verde ha purtroppo una lunga storia di truffe e sofisticazioni capaci addirittura di intaccarne l' immagine sui mercati mondiali. I taroccatori hanno sulla coscienza la reputazione dell' intera filiera olivicolo oleicola italiana. di Attilio Barbieri

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