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Pensioni, il trucco sporco in quota 100: a chi finiscono i soldi degli assegni tagliati

Davide Locano
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C'è qualcosa che non torna su quota 100, la riforma delle pensioni varata dal governo gialloverde. A puntare il dito è Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi-Cgil, il sindacato dei pensionati. Intervistato da La Stampa, afferma: "Non c'è nessuna riforma della Fornero. Con quota 100 si accontenta un pezzo del mondo del lavoro, ma si discriminano le donne, i lavoratori agricoli, del commercio e dell' edilizia. Proprio quelli che hanno una carriera discontinua sono esclusi da quota 100. Una misura che invece viene finanziata togliendo risorse ad altri pensionati, che hanno sempre pagato tasse e contributi, e senza colpire chi evade il Fisco. Non mi pare una grande invenzione degna di un governo di vero cambiamento, ma piuttosto un vecchio trucco copiato da altri governo". Leggi anche: Pensioni, lo scontro tra Clemente Mimun e Salvini Il sindacalista, in particolare, boccia lo stop alla rivalutazione degli assegni: "Tre volte il minimo significa 1.500 euro lordi al mese, ovvero 1.200 euro netti. Fino a 5 volte significa 3.000 euro lordi, ovvero un assegno di 2.400-2.500 netti al mese. Non parliamo di pensioni d'oro: parliamo di pensioni medie, di persone che già sono state impoverite, e lo saranno ancora di più: il blocco della rivalutazione fu introdotto nel 2011 da Monti, e oggi viene ribadito dal governo Lega-Cinque Stelle". E ancora, picchia durissimo: "Ci usano come un bancomat. Facile fare quota 100 così, togliendo soldi ai pensionati - non poveri, ma comunque con redditi medio-bassi - per darli ai pensionati di domani. Le risorse si dovevano prendere altrove, dalle grandi rendite e dall'evasione fiscale. Non so se quei soldi finiranno invece per pagare il reddito di cittadinanza, ma poco conta: si tolgono soldi a cittadini che hanno pagato e pagano le tasse, e si continua a impoverire una fascia a reddito medio-basso", conclude Pedretti.

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