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Grano, maxi-fregatura per il cereale italiano: cosa sta accadendo sui mercati

Attilio Barbieri
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Tripla fregatura per i cerealicoltori italiani. Sul raccolto fisico, sui prezzi di vendita all'ingrosso e sulla pasta. Mentre le rese del raccolto di grano appena concluso sono in calo dal 20 al 40%, le quotazioni a cui hanno venduto il frumento scendono di 45 euro a tonnellata, rispetto alla rilevazione del 5 luglio, quando per altro erano già calate del 10% sulla quotazione del 28 giugno. Insomma, nel giro di due settimane le quotazioni massime del grano duro fino anziché crescere sono scese da 580 a 525 euro a tonnellata. Quasi il 10% in meno. Il frumento duro, alla Borsa merci di Chicago, la più importante al mondo, è cresciuto invece del 6,6%. A provocare il crollo sul nostro mercato è stata la corsa a vendere, innescata da indiscrezioni false alimentate probabilmente da speculatori su un raccolto straordinariamente abbondante in Canada. Temendo un'ondata di ribassi i nostri cerealicoltori si sono affrettati a mettere in vendita il frumento che è arrivato così tutto assieme sul mercato. Provocando un calo delle quotazioni.

 

 


MANI FORTI IN AZIONE
«La volontà di speculare sul prezzo del grano italiano», chiarisce la Coldiretti, «è emersa anche durante la seduta della Cun (Commissione unica nazionale, ndr) a Roma, dove l'ultima proposta di riduzione è stata di 35 euro a tonnellata per il Sud, 25 per il Centro e 25 per il Nord, rispedita al mittente dalla parte agricola. La speculazione in atto a causa del conflitto in Ucraina», aggiunge la confederazione guidata da Ettore Prandini, «si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l'oro fino ai prodotti agricoli le cui quotazioni dipendono sempre meno dall'andamento reale della domanda e dell'offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati future uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori. In Italia, tra l'altro, la produzione è in calo fino al 35%-40% nelle aree più vocate come la Puglia a causa della siccità, proprio quando coltivare grano è costato agli agricoltori fino a 600 euro in più ad ettaro a causa dell'impennata dei costi di produzione causata dall'effetto a valanga della guerra in Ucraina».

 

 


DIPENDENZA DALL'ESTERO
Fra l'altro, come segnala sempre la Coldiretti, il taglio dei raccolti causato dall'incremento dei costi e dalla perdurante siccità rischia di aumentare ulteriormente la dipendenza dall'estero per gli approvvigionamenti agroalimentari, con l'Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano tenero necessario per il pane e il 44% di quello utilizzato nella produzione di pasta. Una situazione che espone l'industria pastaia agli sbalzi nelle quotazioni internazionali dei cereali, fortemente influenzate dalle tensioni amplificate dall'invasione russa dell'Ucraina. E proprio nella pasta sta la terza grande fregatura che i nostri cerealicoltori condividono con i consumatori. Mentre le quotazioni del frumento nazionale scendono il prezzo della pasta, già salito del 17%, aumenterà presto ulteriormente, visto che nel frattempo per i pastai è cresciuta ancora la bolletta energetica. Magra consolazione il frumento duro italiano appena raccolto è di alta qualità, «adeguata alle esigenze dell'industria di trasformazione», come ha fatto sapere ieri l'Italmopa, l'associazione che riunisce i mugnai italiani. La pasta 100% made in Italy sarà molto buona. 

 

 

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