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Italia, in arrivo misure drastiche: austerity, l'ombra del 1973

Giancarlo Mazzuca
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Quando, negli anni Settanta, Indro Montanelli invitò gli italiani a votare Dc "turandosi il naso", aveva ben presente ciò che, in particolare, aveva fatto a Palazzo Chigi il democristiano Rumor per superare la tempesta petrolifera (e non solo) che, in seguito alla guerra del Kippur, aveva investito il Belpaese.

Quell'esecutivo, il quarto di Mariano, durò poco ma riuscì comunque ad affrontare a 360 gradi la crisi in modo da attenuare i vertiginosi rincari del greggio. Gli interventi varati furono molti, a cominciare dal divieto di circolare con l'auto la domenica, le famosissime "domeniche a piedi" che bloccarono tutti i nostri viaggi di fine settimana.

 

Tra le altre misure anti-choc, l'illuminazione pubblica venne ridotta del 40 per cento, i cinema e i teatri furono sottoposti alla chiusura anticipata delle 23, i negozi furono obbligati ad abbassare le saracinesche alle 19. Addirittura, per cercare di mandare a letto prima gli italiani, la Rai anticipò di mezz' ora tutti i programmi serali, a cominciare dal Tg1 che, da allora, è cominciato sempre alle 20.

Certo, furono varate misure anche inutili, resta il fatto che il pacchetto dei provvedimenti ebbe efficacia a differenza di quello che sta succedendo nell'anno di grazia 2022: oggi continuiamo a discettare tanto sull'argomento ma le misure efficaci latitano.

Ecco perché sarebbe opportuno ricordarsi di quanto facemmo quasi mezzo secolo fa considerando che, a rileggere le cronache di allora, adesso si ripropone lo stesso clima da coprifuoco: sembra proprio un bis di quella stagione nerissima del 1973. Persino lo scenario generale appare lo stesso: siamo alle prese con la guerra in Ucraina che segue a ruota il lunghissimo periodo della pandemia mentre allora il conflitto in Medio Oriente era scoppiato subito dopo la lunga estate del colera. 

 

Considerando i tanti punti in comune tra le due emergenze verrebbe dunque da chiedersi: oggi abbiamo un nuovo Rumor? Per il momento abbiamo un problema in più: il fatto, cioè, che un esecutivo dimissionario come quello di Draghi, nonostante gli sforzi di Super Mario e gli aiuti già varati, non è più in grado di fronteggiare seriamente una simile emergenza. La speranza, a questo punto, è che il voto del 25 settembre possa dissipare le attuali incertezze: il governo che verrà, qualunque sarà il nuovo premier, dovrà comunque essere in grado di adottare misure drastiche e non semplici palliativi perché l'allarme di questi mesi rischia di farci stare a piedi l'intera settimana. Non solo la domenica.

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