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Lagarde, mercati nel panico: cosa rischia l'Italia

Sandro Iacometti
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Con buona pace della sinistra, che ce l'ha messa tutta, lanciando allarmi a destra e a manca, il governo di Giorgia Meloni era riuscito fin da subito a conquistarsi la fiducia dei mercati. Formazione dell'esecutivo a tempo di record, niente colpi di testa o trovate bizzarre, buon avvio delle relazioni internazionali, manovra (anch' essa buttata giù in un batter d'occhio) super prudente e in linea con le raccomandazioni della Ue (che giusto mercoledì scorso ha dato il suo via libera ufficiale). Risultato: dai circa 250 punti a cui ha viaggiato tutta l'estate, malgrado la presenza di mister whatever it takes Mario Draghi, lo spread negli ultimi mesi si era placidamente attestato sui 180/190 punti, con i rendimenti dei Btp scesi ben al di sotto di quel 4% che ad inizio settembre aveva destato qualche preoccupazione. Circostanza tanto più significativa se si pensa che ad ottobre e novembre la Bce si è liberata di ben 749 milioni di titoli di Stato italiani. Poteva durare?

 

 


Nulla faceva pensare il contrario. E nulla probabilmente sarebbe accaduto se la signora Christine Lagarde si fosse limitata ieri ad aumentare, com' era ampiamente previsto, il tasso di interesse dello 0,5% (portando l'asticella al 2,5%) senza mettersi ad incendiare le polveri lanciando messaggi minacciosi su una raffica di altri rialzi per un tempi indefinito e sull'imminente stretta degli acquisti di bond governativi. Fendenti a cui, tanto per alimentare un altro po' la tensione, la presidente della Bce ha pensato bene di aggiungere anche una polemica diretta con l'Italia, colpevole di non aver ancora ratificato il fondo salva Stati (Mes) .


Il bilancio di fine serata è catastrofico. Lo scherzetto della Lagarde ha mandato a picco le Borse di mezza Europa, con Parigi e Francoforte che hanno lasciato sul terreno oltre il 3%. Ma la peggiore, manco a dirlo, è stata Piazza Affari, che ha chiuso la seduta in flessione del 3,45%, record negativo degli ultimi tre mesi. Non è andata meglio ai titoli di Stato, su cui ultimamente era tornato l'interesse dei risparmiatori italiani. Lo spread, dopo un picco a 208 punti, ha terminato le contrattazione a quota 208. Ancora più devastante l'impatto sul rendimento del Btp, schizzato in una giornata di oltre 30 punti base, come non si vedeva dal 2020, fino a un picco del 4,18%.

 

 


RECORD NEGATIVO
Certo, quando il 12 marzo del 2020, la presidente della Bce, in piena esplosione della pandemia, se ne uscì dicendo «non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni» la Borsa di Milano collezionò un -16,9% che ha segnato il record negativo della storia di Piazza Affari. Ma è difficile consolarsi così. Anche perché quello di ieri potrebbe essere solo l'assaggio. Nel 2023, infatti, si stima che il Tesoro dovrà raccogliere sul mercato attraverso le emissioni di Btp circa 330 miliardi, e se la Bce non lancerà segnali rassicuranti l'aumento dei rendimenti si ripercuoterà sul costo del debito e potrebbe far sballare tutte le previsioni sui conti pubblici.


Prospettiva che ha fatto andare su tutte le furie il governo. Il primo a puntare il dito contro la banchiera centrale è il ministro della Difesa. «Non ho capito il regalo di Natale che la presidente Lagarde ha voluto fare all'Italia», ha scritto su Twitter Guido Crosetto, aggiungendo una serie di grafici «per chi non avesse capito l'effetto di decisioni prese e comunicate con leggerezza e distacco». Anche Matteo Salvini, però, non l'ha presa benissimo. «È sconcertante e preoccupante che mentre c'è un Governo che fa di tutto per aumentare stipendi e pensioni e tagliare le tasse la Bce approvi una norma che brucia miliardi di eurodi risparmi, facendo schizzare lo spread». Mentre Giancarlo Giorgetti si è limitato a replicare alle accuse di non aver ratificato il Mes, spiegando che «il Parlamento ha dato un indirizzo» e il ministro dell'Economia «non può andare contro il Parlamento».


AUTOREVOLEZZA
Oggi qualcuno dirà che dopo le polemiche con Bankitalia il governo apre un nuovo scontro istituzionale. La realtà è che l'atteggiamento della Lagarde, inizialmente colomba e poi sempre più condizionata dai falchi di Francoforte che premono per una stretta monetaria più incisiva, è da tempo sotto i riflettori non solo di autorevoli economisti ma anche di diversi esponenti della Bce, convinti che l'Eurotower debba muoversi con autorevolezza e determinazione con l'obiettivo di rassicurare i mercati, non di spaventarli o disorientarli, come da un po' di mesi accade. A spingere la Lagarde a lanciare messaggi di guerra durante la conferenza stampa seguita al consiglio direttivo sarebbero state le ultime previsioni economiche sull'eurozona, che ora stimano una recessione soft (-0,2% nel quarto trimestre e -0,1% a gennaio-marzo), non il bagno di sangue che si temeva pochi mesi fa. Il nemico resta sempre l'inflazione, prevista al 6,4% nel 2023 e ancora sopra l'obiettivo del 2% nel 2025. Livelli persistenti che, come la stessa Lagarde ha ammesso più volte, la Bce non è riuscita a valutare con il giusto anticipo. Ci fosse stata un po' più di lungimiranza forse non staremmo qui a piangere per il carovita alle stelle e per le conseguenze devastanti di una disordinata rincorsa. 

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