Cerca
Logo
Cerca
+

La "postura" dell'Esecutivo in casa: tutto il lavoro (per il Lavoro) nel Bilancio 2023

Alessia Lupoi
  • a
  • a
  • a

Nel discorso programmatico del primo “Primo Ministro” donna della storia istituzionale del nostro Paese, un tema trattato con cipiglio denotante risentimento storico-politico misto a orgoglio patriottico ha toccato il legame che abbiamo con l’Europa. Giorgia Meloni parlò di “postura” che il Governo avrebbe tenuto verso, ancor meglio dentro, le istituzioni europee. Perché è in quel luogo che “l’Italia farà sentire forte la sua voce, come si conviene a una grande Nazione fondatrice”. A ben vedere, non per sabotarne l’integrazione. Piuttosto per un contributo ad una maggiore efficacia nella risposta alle crisi e un “approccio più vicino ai cittadini e alle imprese”.

Ed è da qui che muoviamo le nostre riflessioni. Non c’è forza nella voce all’estero se non c’è forza nelle decisioni prese in territorio italiano. Così, Consiglio dei Ministri dopo Consiglio dei Ministri, partendo da fine ottobre, Giorgia Meloni e il suo esecutivo hanno avviato la costruzione dell’architrave: la Legge di Bilancio per il 2023.

Di tutta, discussa fino a notte alla vigilia di Natale perché venisse alla luce nei tempi, la sua porzione più attrattiva riguarda forse le misure sul lavoro. Materia complessa da smembrare e ristrutturare, rappresentando il motore della macchina Italia e portandosi appresso i delicati interessi delle tante parti coinvolte. Non ha nascosto, il discorso del Premier, la centralità del lavoro nelle dinamiche governative che hanno prodotto la Legge n. 197/2022. Come avrebbe potuto essere altrimenti?

Ebbene, il complesso dei dispositivi messo in atto per rispondere alla necessità di rinforzare le politiche sul lavoro – parafrasando il Presidente, “con la bussola delle nostre convinzioni a indicarci la rotta verso la meta prescelta e con un equipaggio che è capace di svolgere al meglio i propri compiti” - ha condotto a soluzioni alternative, aggiustamenti, proroghe e novità. 

Ed ecco che, volendo rispondere ad imprese e lavoratori sulla priorità non rinviabile della riduzione del cuneo fiscale e contributivo, ostacolo alla creazione di nuova occupazione e alla competitività delle nostre realtà produttive sui mercati internazionali, la Legge fissa come prima cosa l’obiettivo di intervenire con gradualità per giungere a un taglio di almeno cinque punti del cuneo per alleggerire il carico fiscale delle imprese e aumentare le buste paga dei lavoratori.

E’ nell’articolo 1, comma 281 e traduce, a onor del vero in linea con il Governo Draghi, l’intenzione di incentivare le aziende ad assumere con un meccanismo fiscale (sintetizzato con “più assumi meno paghi”) che premi le attività ad alta densità di lavoro. Prevede, lasciando intatto l’impianto, che l’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali a carico del lavoratore dipendente sia incrementato, rispetto al 2022, al 2 per cento per i redditi annui sino a 35mila euro; al 3 per cento per quelli sino a 25mila euro.

Assume valore più che mai attuale la previsione sperimentale, dunque non strutturale, che consente di conseguire il diritto alla pensione anticipata. Le condizioni: età anagrafica di 62 anni almeno e anzianità contributiva minima di 41 anni. Prende il nome di “pensione anticipata flessibile” o, più comunemente, “Quota 103”. Se, però, il lavoratore dipendente decide di proseguire il rapporto di lavoro pur avendo maturato i due requisiti, avrà diritto al c.d. “bonus Maroni”, che prevede il versamento in proprio favore della quota di contributi previdenziali a suo carico.
Tra le proroghe spunta quella del c.d. Anticipo Pensionistico Sociale, noto ai più come “APE Sociale”. Rivolto ai soggetti in specifiche condizioni che abbiano almeno 63 anni di età, non già titolari di pensione diretta, slitta al 31 dicembre dell’anno in corso.

Anche “Opzione Donna” prosegue per tutto il 2023, nel solco del riconoscimento delle tutele a chi “dopo una vita di lavoro, va in pensione o vorrebbe andarci”. La norma dedicata - articolo 1, comma 292 – consente l’accesso al trattamento pensionistico alle lavoratrici caregivers o invalide (con invalidità almeno uguale se non superiore al 74%) e licenziate o dipendenti da aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi, con anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed un’età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta (elemento aggiunto) di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni.  

La coerenza legislativa nel voler facilitare la flessibilità in uscita con meccanismi compatibili con la tenuta del sistema previdenziale che parte dall’aver rinnovato le misure in scadenza a dicembre 2022, prosegue con la priorità per il futuro: “un sistema pensionistico che garantisca anche le giovani generazioni e chi percepirà l’assegno solo in base al regime contributivo”. In merito all’assegno, le parole della Presidente sono eloquenti: “è una bomba sociale che noi continuiamo a ignorare, ma che in futuro investirà milioni di attuali lavoratori che si ritroveranno con assegni addirittura molto più bassi di quelli, già inadeguati, che vengono percepiti oggi”.

Ora il tasto dolente, che è il Reddito di Cittadinanza, sul quale Giorgia Meloni pone il sigillo della sconfitta per chi, in altro modo, sarebbe stato in grado di fare la sua parte (per sé, per la propria famiglia e per il Paese). Non è stata, non è una soluzione. Piuttosto lo sono il lavoro, la formazione, l’accompagnamento al lavoro, sfruttando - se del caso - il Fondo sociale europeo. Resta, dunque, ma per decadere gradualmente. Come? Correggendo intanto il tiro: se è prescritto che per l’anno in corso valga l’esonero totale nel limite massimo di 8mila euro per le assunzioni a tempo indeterminato o le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato di percettori di RdC, la misura sarà riconosciuta al massimo per sette mensilità, ma i beneficiari devono essere inseriti in corsi di formazione, o riqualificazione, professionale per un periodo di sei mesi. Pena la decadenza dal beneficio. Fatto sta che dal 1° gennaio 2024 il Reddito di Cittadinanza sarà uno sbiadito ricordo. 

Accennato qui che lo “smart working” permane fino al 31 marzo 2023 per i soli lavoratori c.d. “fragili”, concludiamo il nostro percorso tra le regole che tradurranno in fatti la frase del discorso programmatico “Per noi un lavoratore è un lavoratore”, con il meccanismo di indicizzazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024, rivisitato per tutelare i soggetti più bisognosi. E’ prevista una rivalutazione del 120 per cento del trattamento minimo; dell’85 per cento per gli assegni tra quattro e cinque volte il minimo. A questa, s’accompagna da ultimo la nuova norma che, per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo Inps, per ogni mensilità da gennaio 2023 a dicembre 2024, riconosce - si badi, in via transitoria – un incremento di 1,5 punti percentuali per l’anno in corso, elevati a 6,4 punti percentuali per i soggetti con età pari o superiore a 75 anni; di 2,7 per il 2024.
Stiamo a vedere.

redigo.info

Dai blog