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Christine Lagarde, l'ultimo folle diktat: come vuole punire i poveri italiani

Attilio Barbieri
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Il cappio dell’inflazione stringe meno ma non abbastanza da permettere alle famiglie di respirare. A luglio l’Istat ha rilevato un tasso del 5,9% su base annua, meglio delle stime preliminari che lo davano al 6%, in calo rispetto al 6,4% di giugno. Variazione, però, non immediatamente percepibile dai consumatori dal momento che i prezzi sono rimasti stabili su base mensile e i rincari incidono ancora fortemente sui bilanci familiari. Piccoli buoni segnali anche dal carrello della spesa. Rallenta la corsa al rialzo dei prezzi di beni alimentari, per la cura della casa e della persona, che a luglio su base annua fanno registrare un +10,2%, rispetto al +10,5% di giugno. 

 

Ancora troppo poco però per le associazioni dei consumatori. L’Unione nazionale consumatori parla di «calo con il misurino», a fronte di prezzi che restano agli stessi livelli «lunari» di giugno, stimando per una coppia con due figli una spesa da 1.699 euro in più all'anno. Di questi ben 864 euro soltanto per riempire il carrello della spesa. Per le famiglie più numerose, con oltre tre figli, l’esborso supera i 1.900 euro. Temo che le associazioni consumeristiche trascurino un dettaglio non irrilevante: per vedere la spesa delle famiglie in calo dovrebbe esserci deflazione, cioè variazioni negative dei prezzi. E noi siamo sideralmente lontani da questa situazione.
Ma il carovita non appare del tutto uniforme sul territorio nazionale. In alcune città l'impennata di prezzi e spese è più marcata rispetto ad altre. È il caso di Genova dove l'inflazione si attesta all’8,2% con 1.787 euro di spesa in più all’anno per una famiglia media. Segue Varese, con un +6,5% su luglio 2022 e maggiori spese familiari paria 1.714 euro.

 


Il ministro del Made in Italy Adolfo Urso non rinuncia ad assestare una bacchettata all’industria. «Ci sono aziende italiane importanti che in Francia hanno sottoscritto l'accordo con il governo per ridurre i prezzi e in Italia dicono che non è possibile. Mi auguro che ci ripensino», dice. Ma secondo il numero uno di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia «l’unico modo per contrastare la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie meno abbienti è quello di far trovare un netto più alto in busta paga, intervenendo in maniera più strutturale e significativa sul cuneo fiscale». Nel frattempo, però, la Banca centrale europea non perde l’occasione per rilanciare il messaggio che cerca di imporre ai governi dei 27 da mesi: cancellare subito gli aiuti messi in campo per attutire il rincaro delle bollette energetiche. Come se siano una delle fonti che sostengono i prezzi al consumo. Non è una posizione isolata. La Lagarde ha più volte sollecitato gli Stati dell’Unione a sposare politiche salariali di grande moderazione. Gli aumenti di stipendio, potrebbero innescare una spirale inflattiva ancora più dura da debellare. Ma così, in assenza di aiuti per stemperare le bollette che restano pesanti e senza vedere un centesimo in più in busta paga, tutto l’onere del carovita si scarica sulle famiglie, alle prese con un potere d’acquisto insufficiente a garantire il medesimo tenore di vita. Sempre che il budget disponibile consenta loro di arrivare a fine mese. Prospettiva che per molti è diventata un miraggio. 

 

 

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