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Mortadella, coppa, salame: la strana geografia delle IGP

Attilio Barbieri
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Com’è strana la geografia produttiva delle Igp, le specialità a Indicazione geografica protetta. La mortadella di Bologna Igp? Può essere fatta indistintamente in Emilia, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Marche, Lazio e perfino nel Trentino. Per non parlare poi del Cotechino e dello Zampone di Modena, sempre Igp che possono uscire dai salumifici modenesi o emiliani, ma anche da norcinerie situate nelle province di Cremona, Lodi, Pavia, Milano, Monza-Brianza, Varese, Como, Lecco, Bergamo, Brescia, Mantova, in Lombardia e nelle province venete di di Verona e Rovigo. E in tutto questo non c’è alcun inganno. Niente fregatura. È tutto previsto dai disciplinari di produzione depositati al Ministero dell’Agricoltura e parte integrante della documentazione sulla base della quale questi salumi hanno ottenuto la certificazione europea di Igp.

Confesso che l’idea di censire i campioni del gusto made in Italy meno legati a un territorio circoscritto mi è venuta scorrendo lo studio “Piccoli comuni e tipicità” pubblicato di recente e realizzato da Fondazione Symbola e Coldiretti. La pubblicazione, scaricabile online dal sito Symbola.net (previa registrazione gratuita) è una miniera d’oro inesauribile di informazioni che associa le produzioni tipiche del made in Italy a tavola, a cominciare dalle Indicazioni geografiche, con regioni, province e comuni dove vengono fatti. Il messaggio centrale che esce dal rapporto Symbola-Coldiretti è chiarissimo e molto interessante: il 93% delle tipicità italiane nasce nei piccoli comuni.
 

SPECIALITÀ NOTE

Scorrendo il rapporto sono corso a controllare per primo l’elenco dei prodotti localizzati in Lombardia, quelli che per motivi di vicinanza conosco meglio. Senza contare il fatto che «la Lombardia è uno dei distretti agroalimentari di punta», come confermano i curatori del rapporto. Così a fianco di specialità universalmente note come Taleggio, Gorgonzola, Grana Padano, Provolone Valpadana, sono censiti il Furmai de Mut dell’alta Val Brembana, il Nostrano della Valtrompia, il Casera e il Bitto della Valtellina che non sono indicazioni geografiche ma meritano un posto d’onore nella produzione agroalimentare lombarda.

Poi la scoperta. Fra i campioni del gusto tricolori “made in Lombardia”censiti dal rapporto ve ne sono alcuni che di lombardo non hanno nulla. Ad esempio la Coppa di Parma, il Cotechino e lo Zampone di Modena, la Mortadella Bologna e perfino l’Aceto balsamico tradizionale di Modena. Proprio perché nei rispettivi disciplinari di queste Igp è prevista la produzione in alcune o tutte le province lombarde. E non solo.

 

TANTE REGIONI

Può capitare anche il contrario. Il “lombardissimo” Salame di Cremona Igp può essere prodotto in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto. Questa strana geografia del gusto, per molti aspetti sorprendente, è figlia del meccanismo che governa le Indicazioni geografiche. Per semplificare le Denominazioni d’origine protette, Dop in sigla, devono soddisfare tre caratteristiche: ricetta tradizionale, ingredienti 100% italiani, luogo di produzione o trasformazione in Italia. Le Indicazioni geografiche protette (Igp) sono vincolate a rispettare soltanto due delle tre caratteristiche e di solito si tratta di ricetta tradizionale e luogo di produzione in Italia. La materia prima delle Igp, nel caso ad esempio della Mortadella Bologna come della Bresaola della Valtellina, può arrivare da tutto il mondo. Le Dop in aggiunta hanno una zona di produzione molto circoscritta, mentre le Igp, come abbiamo visto, possono essere fatte anche a centinaia di chilometri dal comune che compare nella denominazione. E tutto questo, per quanto paradossale possa apparire è previsto dai disciplinari. Dunque perfettamente lecito.

 

INCONGRUENZE

Ma esistono pure dei prodotti che pur essendo legati indissolubilmente a un territorio ben delimitato - da cui traggono la loro unicità- faticano ad ottenere l’indicazione geografica perché i meccanismi che governano l’assegnazione di Dop e Igp escludono le varietà vegetali. È il caso ad esempio dei risi della tradizione italiana, come Arborio e Carnaroli. Un paradosso, soprattutto alla luce della vastità delle zone di produzione di molte Igp che includono addirittura diverse regioni. E poi ci sono i campioni del gusto misconosciuti che non sono né Dop né Igp, ma meriterebbero ben altro palcoscenico (e pubblico di consumatori). Penso alle centinaia di Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat in sigla) e alle altrettanto numerose Denominazioni comunali (Deco), relegati in un limbo dal quale meriterebbero di uscire.

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