La notizia, nel giorno del secondo round di trattative sui dazi tra Usa e Cina a Londra, è che il Dragone inizia ad accusare il colpo. Che gli effetti della guerra commerciale iniziassero a farsi vedere si era già capito qualche giorno fa. Ricordate la strategia di Donald Trump di strappare quote di produzione alla “fabbrica del mondo” per riportarle in patria? Ebbene, che l’industria negli Usa sia in una fase di ripartenza ancora è da vedere. Però dall’altra parte del Pacifico qualche scricchiolio c’è. L'attività manifatturiera cinese ha registrato a maggio la sua prima contrazione da otto mesi. È quanto emerso dall'indice Pmi diffuso qualche giorno fa dal portale economico privato Caixin, in collaborazione con S&P Global. Il Pmi è sceso dai 50,4 punti registrati ad aprile ai 48,3 di maggio, il livello più basso dal settembre 2022. Il dato ha colto di sorpresa analisti e mercati: le previsioni più ottimistiche si attestavano intorno ai 50,6 punti, con aspettative di un'ulteriore crescita. Ma le sorprese, a quanto pare, non so finite. Secondo la dogana cinese, le esportazioni a maggio sono cresciute su base annua “solo” del 4,8%. Risultato ben al di sotto delle previsioni degli economisti intervistati da Bloomberg, che avevano previsto un aumento del 6,0%.
Intendiamoci, non che Pechino sia alla canna del gas. Grazie ad una contestuale frenata delle importazioni il Dragone ha portato a casa nel mese un surplus commerciale di 103,22 miliardi di dollari, in aumento rispetto agli 81,74 miliardi dello stesso periodo dell'anno precedente e sopra le aspettative di mercato di 101,3 miliardi. Ma guardando bene il dato sull’export si scopre che le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti a maggio sono crollate del 34,5% rispetto all'anno precedente, segnando il calo più netto da febbraio 2020. Mese su mese si è passati dai 33 miliardi di dollari di aprile ai 28,8 di maggio, con una contrazione del 12,7%. In altre parole, le vendite Oltreoceano stanno precipitando. A questo si aggiunge una deflazione, con i prezzi in flessione, per il quarto mese consecutivo.
Dazi, Trump cerca Xi Jinping "ma è un osso duro"
Nel giorno in cui entrano in vigore i dazi del 50% su acciaio e alluminio il presidente Trump pubblica su Truth un post ...È in questo scenario, con la Cina che inizia a mostrare le prime ferite, che è partito il negoziato di Londra. Dopo le accuse reciproche di aver violato la tregua sulle tariffe e la telefonata distensiva tra Donald Trump e Xi Jinping sul tavolo c’è il tentativo di deporre l’ascia di guerra. Nella capitale britannica sono arrivati i pezzi da novanta: il segretario al Tesoro Scott Bessent, il segretario del Commercio Howard Lutnick, il rappresentante del Commercio Jamieson Greer e il vicepremier cinese He Lifeng. Washington si aspetta uno scambio breve che produca risultati concreti immediati. Ma stando a quanto trapela le trattative potrebbero andare avanti anche per due giorni. Le priorità di Washington sono ottenere la ripresa del flusso di minerali rari il prima possibile, come promesso da Xi nella telefonata con Trump, e l'allentamento di «qualsiasi controllo sulle esportazioni dagli Usa», ha spiegato Hassett. In cambio, il tycoon ha dato mandato a Bessent di trattare per un possibile alleggerimento delle recenti restrizioni sulla vendita di tecnologie e altri prodotti alla Cina. Ma Pechino intende fare pressioni anche sui visti per gli studenti cinesi.