In questi giorni si è tornato a parlare di ceto medio. Dapprima è stato il Censis, in un rapporto dettagliato, a lanciare l’allarme sul suo progressivo impoverimento, a causa di una tassazione che erode quasi metà di quanto legittimamente guadagnato. Al Censis ha poi indirettamente risposto Giorgia Meloni, annunciando che il governo è al lavoro per diminuire la pressione fiscale sulle classi medie. Che ciò avvenga è importante non solo per evidenti questioni di natura economica, essendo il ceto medio a produrre buona parte della ricchezza su cui si regge il Paese. Lo è, più radicalmente, per il ruolo che la classe media gioca come ceto sociale, cioè per motivi politici e morali. Un ceto medio diffuso, forte e consapevole di sé, è infatti il più solido baluardo che possa esserci a difesa della democrazia e della libertà. Su questo punto i classici del pensiero liberale sono concordi.
Il primo elemento da considerare è l’indipendenza economica che un reddito medio garantisce. Ciò significa che non essendo assillato dalla necessità di guadagnare per sopravvivere (come il povero), oppure per accumulare altro denaro e fare affari (come chi è ricchissimo), il borghese può fare pienamente e unicamente affidamento sulle sue forze e sul suo lavoro. Egli non ha necessità della benevolenza di un padrone o dello Stato e può permettersi, nel tempo libero, di sviluppare un pensiero critico e partecipare attivamente alla vita pubblica. Che è in fondo quel che accadeva nella pòlis greca, ove la politica era appannaggio degli uomini “liberi” che, essendo affrancati dal lavoro affidato agli schiavi, potevano riunirsi nella piazza in assemblea e deliberare. L’età moderna, eliminando la servitù, ha potenzialmente dato a tutti la possibilità di diventare ceto medio e politicamente attivo.
Irpef, cambiano le buste paga: chi guadagna di più (subito)
Il Senato ha approvato il Dl Irpef, varato dal Cdm lo scorso 23 aprile, pensato per correggere un difetto di coordinamen...Fu Tocqueville a osservare in opera in America queste dinamiche, concludendo che la forza di quella democrazia dipende dalla presenza di un forte e diffuso associazionismo a cui gli abitanti avevano il tempo e la passione di dedicarsi. La controprova di questo ragionamento si trova nella storia, la quale ci dice che generalmente nelle autocrazie il ceto medio è ridotto e ininfluente e la gran massa povera della popolazione non ha scelta: o è costretta a sottomettersi con la forza al dittatore di turno; o se ne fa “serva volontaria”, riconoscendo in lui irrazionalmente un “salvatore”. Ad insistere recentemente sulla necessità del ceto medio per le nostre democrazie è stata Deirdre McCloskey, una delle più originali pensatrici liberali viventi. Per lei la crisi delle nostre democrazie è dovuta al venir meno di quelle classiche “virtù borghesi” che, come ci hanno insegnato Hume e Smith, sono alla base del buon funzionamento del mercato e della democrazia: la fiducia nel prossimo, la capacità di risparmiare e investire quanto risparmiato, l’intraprendenza, il coraggio del rischio, la responsabilità individuale.
Cgia, "primo weekend del 2025 liberi dalle tasse"
"Quello che ci apprestiamo a trascorrere è il primo fine settimana del 2025 liberi dalle tasse": lo com...Sulla necessità di un forte ceto medio hanno insistito anche i liberali italiani: Einaudi, che ha stigmatizzato l’assenza nel nostro Paese di una vera borghesia, con gli imprenditori sempre pronti ad “elemosinare” prebende e favori dallo Stato; Croce, che ha visto il ceto medio come “ceto mediatore”, cioè capace di sintetizzare le diverse spinte sociali garantendo stabilità alla società. Un ceto medio come quello italiano di oggi, che arriva a fatica a fine mese, e che in qualche modo non è più tale, rischia di far mancare alla nostra società la linfa vitale di cui ha bisogno. Farlo respirare è assoluta priorità.