Cerca
Logo
Cerca
+

L'uomo del danno

default_image

Monti si è dimesso e forse non si candida più. Speriamo...

Eliana Giusto
  • a
  • a
  • a

di Maurizio Belpietro Alle origini di Mario Monti c'è un grande equivoco, ovvero l'idea che un tecnico possa fare appunto delle scelte tecniche, dettate solo da rigorose ragioni contabili e non da valutazioni di convenienza politica.  Come si è visto in questo anno, le cose non stanno così: non sono cioè solo scelte tecniche quelle cui è chiamato un governo tecnico, ma ve ne sono molte che devono tenere conto della situazione generale, degli equilibri tra le varie forze in campo, delle opportunità  e pure delle ambizioni dei tecnici. I quali, una volta diventati ministri, si appassionano al ruolo e, da funzionari per una vita agli ordini di questo o quell'uomo politico, scoprono quanto è bello e gratificante l'esercizio del potere. La prospettiva di tornare all'occupazione precedente li atterrisce, anzi li annoia e dunque sono pronti a candidarsi, volendo essere eletti e non più nominati. È quanto successo a Mario Monti e a molti dei suoi, i quali dopo aver dichiarato più volte di aver lasciato gli incarichi ricoperti nel solo interesse del Paese, adesso non vogliono più farvi ritorno. Che le cose stiano come raccontiamo lo dimostrano diversi fatti, a cominciare dai provvedimenti che in questi dodici mesi hanno accompagnato l'azione del governo. Prendete ad esempio la riforma del mercato del lavoro. Sanno anche i sassi che la legge approvata è peggiore della precedente, eppure i professori l'hanno imposta. Forse hanno sbagliato i conti, come capita ai politici di professione quando varano una nuova normativa? Oppure i tecnici sono intervenuti sulla materia tecnica senza averne la necessaria competenza? Né l'una né l'altra ipotesi. Se Elsa (...) (...) Fornero si è rimangiata la promessa di abolire l'articolo 18 e al contrario ha cancellato le sole forme di flessibilità che consentivano di dare lavoro ai giovani, lo si deve a un calcolo e a una mancanza di coraggio, dote che non si apprende all'università, ma che distingue un politico debole da uno di carattere e ancor più un politico da un tecnico. Bettino Craxi, quando abolì la scala mobile e sfidò l'ira della Cgil, non era un tecnico, eppure fece un'azione degna di uno statista che guarda al futuro. Coraggio dev'esserci voluto anche a far circondare dai carabinieri i marine che volevano arrestare i terroristi dell'Achille Lauro: per un Paese della Nato mettersi contro gli Stati Uniti non era una passeggiata. Mario Monti e il suo ministro del welfare, nonostante una maggioranza enorme posta sotto ricatto dallo spread e dall'Europa, invece, non hanno avuto la determinazione di sfidare nessuno: non Bersani e neppure Vendola, certo non Susanna Camusso, alla quale si sono piegati varando una delle più inefficaci leggi sul lavoro che si fossero mai viste: una norma che ha contribuito negli ultimi mesi a far aumentare la disoccupazione invece di diminuirla. Il governo ha abolito la possibilità di trovare soluzioni flessibili come quella delle partite Iva, consegnando ancor di più nelle mani dei giudici la decisione di allontanare o meno un dipendente. Come se non bastasse, ora si vuole imporre per legge il pagamento dei giovani che svolgono uno stage. Il risultato sarà la sparizione di un sistema che consentiva ai giovani di farsi conoscere e di avere un primo contatto con il mondo del lavoro. Anche in questo caso i soli a festeggiare saranno i sindacati, i quali in tal modo pensano di poter rimpiazzare gli stagisti con altrettanti assunti, ma si sbagliano. Che i tecnici abbiano rinunciato al ruolo per assumerne un altro e pensare a una diversa prosecuzione della propria carriera, non più in un'aula universitaria ma preferibilmente in quella parlamentare, lo testimonia anche la fine fatta dal decreto liberalizzazioni. Intere categorie elettoralmente interessanti sono state graziate dalle misure, per non dire poi delle banche, a cui i provvedimenti annunciati hanno fatto il solletico. Un esecutivo composto di soli esperti, ai quali interessa esclusivamente la sistemazione dei conti pubblici e la messa in sicurezza del Paese, non avrebbe poi dovuto esitare un secondo a intervenire di fronte al disastro economico di alcune regioni del Sud, chiudendo in fretta i rubinetti, a cominciare da quelli che alimentano le spese della Regione Siciliana. E invece, al pari di qualsiasi altro governo, in particolare di quelli del passato, non ha mosso un dito, lasciando che le spese allegre proseguissero. C'è qualcosa di tecnico in tutto ciò? A me non pare. Io credo che sia tutta politica. Esigenza di mantenere il consenso, strategie per contentare lobby e potentati. Oh, certo, l'esecutivo ha imposto più tasse per tutti, in particolar modo per coloro i quali, ricchi o poveri, dichiarano tutto e dunque non hanno nulla da nascondere e non celano il proprio patrimonio né i piccoli o grandi risparmi. Contro di loro Monti ha agito con coraggio e senza tentennamenti, proprio come un vero statista. Peccato che l'aumento delle tasse sui redditi dichiarati e sui beni abbia fatto precipitare i consumi, provocando un pericoloso effetto a cascata. Più imposte, più preoccupazioni, meno spese. Il Pil è caduto, la disoccupazione no. L'Iva ha fatto incassare di meno, il debito è stato fatto alzare di più. Oddio, non tutto è andato male: l'Imu ad esempio ha indotto gli italiani a pagare più di quanto lo stesso ministero dell'Economia si aspettasse. Ma il risultato è una totale depressione del mercato immobiliare, i cui effetti potrebbero mangiarsi i benefici dell'Imu. Un po' quel che sta succedendo con la benzina: avendo aumentato le accise si sono incassati più soldi, ma ora a causa della  caduta dei consumi si teme il contraccolpo (fonte: La Repubblica).  Insomma, per ora le grandi scelte tecniche fatte tenendo conto delle ambizioni politiche, ci hanno portato un Natale con più disoccupati e con un debito pubblico che ha raggiunto i due mila miliardi e pare intenzionato a crescere. Niente male per dei professori che dovevano rimetterci in carreggiata e far ripartire la nostra economia. È per questo che, nell'ora delle dimissioni di Mario Monti, della fine del suo governo tecnico e dell'inizio (speriamo di no: le ultime notizie ci danno il presidente del consiglio rinsavito e intenzionato a rinunciare alla candidatura, affondando la lista che aveva contribuito a creare) di quello politico, ci sentiamo di attribuire all'ex rettore della Bocconi un premio, nominandolo Uomo del Danno. Augurandoci, l'anno prossimo, di non dover spiegare un'altra volta perché i tecnici non guariscono questo nostro Paese, ma piuttosto contribuiscono ad aggravarne le condizioni.   

Dai blog