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Letta è uno yogurt: scade il 31 agosto

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Prima di quella data il premier deve abolire l'Imu, per ora solo sospesa. Altrimenti il Pdl toglierà il consenso all'esecutivo. Che a tre settimane dal suo insediamento può vantare solo annunci ma nessun fatto concreto

Andrea Tempestini
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di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet Come i vasetti di yogurt, da oggi anche il governo ha una data di scadenza. L'esecutivo guidato da Enrico Letta è infatti da consumarsi entro il 31 di agosto, nel senso che prima di quel giorno il presidente del consiglio dovrà aver trovato la soluzione per l'abolire l'Imu. Altrimenti il 16 settembre gli italiani dovranno versare la rata e il premier dovrà vedersela con il Popolo della Libertà, il quale ha già dichiarato per bocca dei suoi principali esponenti che se non ci sarà la cancellazione dell'imposta che grava sulle prime case, il governo se ne dovrà andare a casa. Meglio tornare alle urne che perdere la faccia con gli elettori.  Dunque il 31 agosto diventa una data spartiacque. Fino ai primi giorni dopo le vacanze i giochi saranno ancora possibili, ma dopo bisognerà tirare le conclusioni. Tutto ciò in conseguenza della decisione presa ieri, che rinvia la rata della tassa più odiata d'Italia ai primi giorni del rientro dalle ferie. Invece di pagare a fine giugno, si paga in un colpo solo in coincidenza con la riapertura delle scuole, così gli italiani, già depressi per il ritorno al lavoro e per aver dovuto aprire il portafogli sia per i libri dei figli che per i grembiuli, avranno motivo per sacramentare e prendersela con il governo ladro.   A noi quella del rinvio dell'imposta in luogo della sua abolizione non pare una buona idea, perché se l'intenzione era di lasciar tranquille le famiglie, facendo tornare un po' di fiducia e magari rilanciando i consumi, non si ottiene nulla di tutto ciò. Invece di smoccolare prima di fare le valigie e dedicarsi ai bagni estivi, gli italiani smoccoleranno dopo, ma comunque smoccoleranno. Anzi: c'è il rischio che spaventati dalla stangata fiscale che capiterà loro tra capo e collo appena finito di villeggiare, i turisti durante le vacanze invece di largheggiare stiano attenti al centesimo, spendendo il meno possibile per paura di non avere quattrini a sufficienza per saldare il conto non dell'albergo ma dell'Imu. Del resto il rinvio è la scelta più facile di coloro i quali non hanno il coraggio di scegliere. Meglio rimandare a domani ciò che non ho la forza di fare oggi. Non che ci sia molto da stupirsi. Fin dal primo giorno abbiamo scritto che il governo nasce sotto il segno della debolezza, anzi di deboLetta. Il presidente del Consiglio è osteggiato in prima battuta dalla maggior parte dei suoi, cioè dei parlamentari piddini, i quali piuttosto che abbracciare il Caimano sono pronti a qualsiasi cosa, compreso il suicidio delle elezioni o, peggio, l'alleanza con il Movimento Cinque stelle. La fragilità dell'esecutivo naturalmente si traduce nelle sue scelte, che allo stato attuale, a tre settimane dal suo insediamento, praticamente non ci sono. Letta nel discorso in cui ha chiesto la fiducia al Parlamento ha annunciato molte cose, ma ad oggi non ne ha fatta nessuna. Certo, venti giorni sono pochi, soprattutto se ogni decisione ha bisogno di trovare l'opportuna copertura finanziaria. Tuttavia, non si tratta solo di una banale questione di soldi, ma anche del coraggio di entrare nel vivo dei problemi, trovando la soluzione. Non vorremmo cioè che, come nel caso del governo che lo ha preceduto, anche questo eccellesse nella politica degli annunci, dimenticandosi poi di tradurli in pratica. Sta di fatto che ieri l'esecutivo si è impresso una scadenza. O entro il 31 agosto trova i soldi per abolire l'Iva o, nel momento in cui passerà all'incasso pretendendo la riscossione dell'imposta sulla casa, sarà a sua volta costretto a pagare pegno, onorando la parola data agli italiani, ovvero di rassegnare le dimissioni nel caso in cui la promessa di abolire l'Imu non sia stata mantenuta. Naturalmente anche ieri qualcuno non ha mancato di sottolineare l'enfatizzazione che ruota intorno all'imposta municipale unica, ritenendola eccessiva. Per i sostenitori di questa tesi, meglio sarebbe rilanciare l'economia partendo da altre questioni. Sull'importanza dell'Imu e sulla sua assoluta iniquità abbiamo già scritto nei giorni scorsi e non vogliamo ripeterci. Ci limitiamo a riportare quanto ha scritto Luca Ricolfi ieri sulla Stampa. Secondo il sociologo e ricercatore torinese, per recuperare 15 miliardi di tasse, il Fisco ne ha distrutti 400 di valore patrimoniale degli italiani. Un'operazione disastrosa «che è stata pagata innanzitutto dalle fasce più deboli della popolazione» e ha provocato la perdita di almeno 100 mila posti di lavoro. Nell'editoriale, oltre a sollecitare l'immediata cancellazione dell'Imu, Ricolfi - che è di sinistra ma non ha i paraocchi della sinistra - suggerisce a Letta interventi alternativi, dalla cancellazione dei sussidi alla lotta alle false pensioni di invalidità per finire ai costi della politica, e, eventualmente, al ritocco dell'Iva. Entro la data di scadenza, lo yogurt governativo avrà trovato il modo di scegliere le misure giuste, evitando di finire in pattumiera? Noi ce lo auguriamo.

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