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E il Pd vuole anche governare...

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Non sono in grado di risolvere i loro problemi interni e pretendono di farsi carico di quelli del Paese. Lo spettacolo di ieri è stato pietoso, ma almeno si è capito che a rendere instabile l'esecutivo non è il Cav

Giulio Bucchi
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Affidereste il vostro condominio a un amministratore che non sappia neppure organizzare l'assemblea dei condomini? E allora perché dovremmo affidare il Paese a Renzi, Cuperlo, Epifani oppure Bersani, dato che questi signori non riescono nemmeno a prendere una decisione semplice come quella di fissare la data di un congresso o le regole per lo svolgimento delle primarie con cui eleggere il loro segretario? Lo spettacolo mostrato in questi giorni e ancor meglio ieri durante l'assemblea del partito certifica infatti che la lotta di potere in corso è in grado di paralizzare ogni cosa, non solo il Pd, ma anche la vita di una nazione, gettandolo nel caos a causa della mancanza di decisioni. Niente che già non sapessimo, tuttavia la rappresentazione plastica dello scontro, offerta senza alcuna mascheratura durante la riunione dei vertici, toglie ogni alibi ai democratici, rendendo pubbliche le responsabilità di un partito che sta tenendo in ostaggio l'Italia. Non è il Pdl a mettere a repentaglio la stabilità di questo Paese. Non sono i guai giudiziari di Berlusconi a rendere precario il governo. Al contrario di quanto scrivono i giornaloni e di quanto sostiene anche il presidente del Consiglio, se siamo in bilico sul burrone è a causa della guerra fra renziani e bersaniani. Fra nuova e vecchia guardia del Pd. Del resto lo stesso governo e la stessa rielezione di Napolitano sono il frutto di un regolamento di conti fra fazioni post-comuniste. Franco Marini non fu eletto perché un gruppo di onorevoli del suo partito gli tese un'imboscata e la stessa cosa capitò a Romano Prodi. Una battaglia senza esclusione di colpi fra rottamatore e rottamati che ha fatto vittime illustri e adesso rischia di affossare anche il governo. Bettini, l'uomo che ispirò Veltroni e ora vorrebbe ispirare il sindaco di Firenze, lo dice senza troppi giri di parole, lasciando intendere che se Renzi vincerà le primarie, in primavera Letta dovrà fare le valigie. Ma allo stesso tempo il giovane Matteo sa che se non fa in fretta a vincere qualcosa e dunque a darsi un ruolo, presto le valigie le dovrà fare lui, perché i rottamati non vedono l'ora di mandarlo a quel paese. Così, con questi attori, assistiamo al balletto delle regole e delle date. Il sindaco vuole fare in fretta, un po' perché teme di bruciarsi se rimane troppo sulla corda e un po' perché fra meno di un paio di mesi dovrebbe aprire la campagna per ricandidarsi alla guida di Palazzo Vecchio, ma ad oggi non sa se in primavera sarà segretario di partito e dunque in procinto di far fuori Letta per prenderne il posto. E allora preme, vuole le primarie prima che si può. I suoi hanno provato a richiederle per novembre, ma i bersaniani gli hanno sbarrato il passo, facendo slittare la convocazione a ridosso di Natale, cioè negli stessi giorni in cui Renzi dovrebbe dire se torna a fare il sindaco. Alla fine pare che la scelta ricadrà sull'8 dicembre, giorno dell'Immacolata, sempre tardi ma appena in tempo. Però non è ancora stato sciolto il nodo delle regole. Chi vince le primarie da segretario è automaticamente il candidato premier oppure no? A Renzi piacerebbe che fosse così, ma l'anno scorso, per soffiare a Bersani il posto da presidente del Consiglio in pectore, sostenne il contrario. La sua è l'ultima piroetta di tante («Se perdo le primarie torno a fare il sindaco, a Firenze ancora lo aspettano; «Non ho alcuna intenzione di candidarmi a segretario», promessa durata meno di tre mesi) ma stavolta i compagni non hanno alcuna intenzione di fargliela passare e dunque si litiga. Accuse  contro accuse. Uno spettacolo penoso con di mezzo solo la questione della poltrona e di chi sia più svelto ad occuparla. Nel frattempo mancano i soldi per evitare di aumentare l'Iva, il governo Letta ha speso in quattro mesi quasi tre miliardi in più di quelli previsti, il deficit è arrivato al 3,1 e il Pil è sceso dell'1,8 per cento. Quisquilie per gente dagli alti ideali come Renzi, Cuperlo, Epifani e Bersani. Loro non si accorgono che l'Italia è finita nel pantano: essendone sommersi sono convinti che il Paese si sia inzaccherato appena un po'. E ovviamente non a causa loro ma per colpa di Berlusconi. Già, perché il Cavaliere è sempre il loro alibi per levarsi di dosso ogni responsabilità. Non ci fosse, lo dovrebbero inventare. di Maurizio Belpietro twitter @BelpietroTweet

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