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Europa, effetto Catalogna: l'elenco delle regioni che vogliono diventare uno Stato

Giovanni Ruggiero
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Le ultime elezioni locali in Catalogna con la vittoria dei partiti indipendentisti Junts pel Sì e Cup hanno riacceso l'attenzione europea ai tanti movimenti interni al continente che da anni promettono di staccarsi dalla propria madre patria. Dalla Finlandia alla Francia, passando per l'Irlanda del Nord, l'Alto Adige e l'ex Jugoslavia, fino ai conflitti in Ucraina e Crimea, la Storia dell'Europa è ricca di conflitti civili scoppiati o sfiorati in nome dell'indipendenza, con il tempo affievolitisi, scrive Repubblica, con il crescente potere concentrato nelle mani di Bruxelles e la formazione di un'Unione europea fatta di Stati, più che di realtà regionali come i primi federalisti avevano immaginato. La svolta Ue - Con il baricentro del potere spostato un po' più nelle mani della Commissione europea, sono stati favoriti processi di dialogo là dove erano i fucili a scandire gli scambi tra indipendentisti e nazionalisti, ma ha portato anche a una proliferazione delle richieste di indipendenza avanzate da diverse regioni, nella stragrande maggioranza dei casi però non in contrasto con l'adesione all'Unione. La stessa Commissione ha ammorbidito il proprio atteggiamento verso quelle realtà che chiedono di essere riconosciute come Stati autonomi. In occasione del referendum in Scozia, l'ex capo della Commissione europea, il portoghese Manuel Barroso, aveva minacciato gli indipendentisti di tenere la Scozia fuori dall'Ue. Il suo successore Jean Claude Juncker invece è stato molto più morbido con i catalani. Le piccole patrie - Nell'elenco in costante aggiornamento delle regioni europee con aspirazioni di Stato ormai potrebbe non comparire più la Padania, visto che la Lega a guida Matteo Salvini sembra aver messo da parte le mire indipendentiste del Nord Italia. Restano però vive altre realtà, seppur sconfitte alle urne dai referendum, come gli scozzesi dello Scottish National Party, in maggioranza nel parlamento nazionale e in attesa di vedere cosa succede a Barcellona: una Catalogna indipendente riaprirebbe il gioco anche in Scozia. Nel Regno Unito ci sono anche i gallesi, rappresentanti dal partito Plaid, meno agguerriti degli scozzesi, ma non meno determinati. Spera in una separazione anche la Cornovaglia, con il partito Mebyon Kernow – The Party for Cornwall che si ispira alle radici celtiche della regione. In Spagna oltre alla Catalogna, non hanno mai abbandonato la spinta di indipendenza i baschi, in difficoltà dopo gli ultimi atti terroristici dell'Eta, e poi gli spagnoli in Galizia e in Aragona. In Francia resiste l'indipendentismo in Corsica, nonostante la sconfitta al referendum del 2003, in Bretagna, Alsazia e a sud nell'antica Occitania. In Belgio ci sono i fiamminghi dell'N-Va, in maggioranza a nord del Paese e filoeuropei. La Germania ha fatto del federalismo la sua struttura portante, concedendo ampi poteri alle realtà regionali. Ma ci sono ancora forze politiche che sperano in una secessione da Berlino, come in Baviera il piccolo partito del Bayern Partei, attivo dal 1946. A confine con la Germania c'è la regione polacca della Slesia, nella quale sta crescendo un partito più autonomista che indipendentista arrivato al 9%. E poi c'è la Finlandia che ha concesso dal 1991 alle piccole isole Aaland uno statuto speciale, in virtù del fatto che la popolazione parla svedese e si sente lontana dalla patria finlandese.

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