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Ong, la vergogna per compiacere i migranti islamici: hanno distrutto la croce cristiana

Giulio Bucchi
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Talvolta è necessario vestire i panni degli altri per comprenderli fino in fondo. Ecco perché vi chiederemo ora un piccolo sforzo. Seguiteci. Immaginate di essere dei poveri disperati, in fuga dalla guerra, dalla miseria e da violenze di ogni genere. La vostra casa è stata appena distrutta, i vostri cari seviziati ed uccisi sotto i vostri occhi, avete perso tutto, eppure siete riusciti - miracolosamente - a scampare a morte certa. Giunti su una spiaggia, affamati e derelitti, vi siete fatti spazio tra migliaia di profughi che, come voi, aspettavano di salire su un gommone stracarico per raggiungere l' Europa, continente che promette e assicura una nuova vita, oltre a vitto e alloggio. Non servono neanche i documenti. Ce l' avete fatta! Eccola lì la terraferma. Non siete morti annegati né divorati dagli squali. Siete stati tratti in salvo - che culo! - ed ora siete finalmente approdati in Grecia, precisamente sull' isola che diede i natali alla poetessa Saffo, ossia Lesbo. Leggi anche: Il cardinale che dona 50mila euro alla Ong tedesca pro-immigrati Siete pelle ed ossa, non mangiate da settimane, il dolore per la scomparsa dai vostri familiari vi logora, il ricordo degli orrori vissuti vi tormenta. In questa situazione, cari reduci di guerra, avreste voglia di prendervela con gli isolani che vi ospitano gratuitamente perché tra le rocce della loro isola campeggia un elemento che rappresenta la loro sacrosanta fede religiosa? Ne dubitiamo. Ben altre sarebbero le vostre preoccupazioni. Eppure la grande croce di cemento armato, eretta ad inizio settembre in onore dei dispersi in mare, su una roccia a picco sul mare sotto il castello di Mitilene, sull' isola di Lesbo, ha scatenato le accese proteste delle organizzazioni locali che si occupano dell' accoglienza dei migranti. In particolare, la Ong "Coesistenza e comunicazione nell' Egeo" ha chiesto per iscritto al sindaco del Comune la rimozione immediata del monumento in quanto esso infastidiva gli ospiti di fede islamica. Toni ultimativi - Nella lettera che l' organizzazione non governativa ha inviato al sindaco si legge: «Il crocifisso è stato innalzato per impedire ai migranti e ai rifugiati di venire qui a nuotare. Questo atto è illegale e offensivo». Ed infine: «Si sbarazzi di tale simbolo religioso inappropriato in un luogo dove la gente nuota». La croce non è stata rimossa, ma la notte del 7 ottobre scorso è stata distrutta da ignoti. Abbattuta perché urtava la sensibilità dei profughi, i quali ne hanno viste e subite di cotte e di crude ma sopportare la visione della croce, simbolo della nostra cristianità e delle nostre radici, sarebbe stato chiedere troppo. Non si capisce poi per quale ragione il crocifisso dovrebbe impedire ai migranti di fare il bagno nonché oltraggiarli. Solo se fossero dei vampiri, potremmo capire codesta avversione nei confronti della croce. Ma essi non sono discendenti di Dracula e qui siamo in Europa, siamo cristiani e non possiamo rinnegare le nostre radici, rinunciare alle nostre tradizioni, ai nostri valori, costumi e vessilli per non infastidire coloro che scelgono di venire a vivere da queste parti, godendo solo di diritti e non adempiendo ad alcun tipo di obbligo. Chi non digerisce la vista del crocifisso dovrebbe restare nel suo Paese, perché non sono gli indigeni a doversi adeguare alla cultura dell' ospite bensì è quest' ultimo a dovere rispettare ed omologarsi alle usanze locali. "Coesistenza e comunicazione" si chiama la Ong che ha dichiarato battaglia al crocifisso. La coesistenza implica il rispetto delle reciproche differenze e non il suicidio di una cultura per bizzarri motivi di buona educazione. Il buonismo schizofrenico ci sta conducendo sull' orlo di un baratro nel quale siamo destinati ad affogare millenni di storia e noi stessi, ossia la nostra identità. Senza la quale siamo niente. Sbarchi e tensioni - Intanto Lesbo è una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere da un momento all' altro. I migranti continuano a sbarcare a ritmo vorticoso, 1500 solo nel mese di settembre, il campo di Moria ha una capienza di 3mila presenze ma ospita ben oltre il doppio di individui. Eppure la Ong si dedica a questioni di lana caprina e se la prende con il crocifisso. di Azzurra Noemi Barbuto

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